Alfano e Napolitano trattano: i giorni contati di Monti

di Emiliano Condò
Pubblicato il 7 Dicembre 2012 - 00:34 OLTRE 6 MESI FA
Angelino Alfano e Giorgio Napolitano (foto LaPresse)

ROMA – L’appuntamento è fissato per le 10:30 del mattino. Al Quirinale salirà il segretario (non leader) del Pdl Angelino Alfano e ufficialmente si siederà di fronte a Giorgio Napolitano per spiegargli il perché il suo partito non ha più intenzione di sostenere il governo Monti. Fuori dell’ “ufficialmente” le cose appaiono leggermente diverse. Alfano salirà da Napolitano per spiegargli perché il vecchio e nuovo leader del Pdl, Silvio Berlusconi, ha forzato il blocco regalando in una sola mattinata all’Italia almeno tre mesi di incertezza e paralisi e una trentina di non graditi punti di spread. 

Con queste premesse Alfano e Napolitano tratteranno. In palio non c’è tanto la “testa di Monti”. In qualche modo lo scenario più probabile è che il governo “sopravviverà”. Ma sopravvivere e Berlusconi in primis lo sa benissimo, non è esattamente coincidente con il governare. In palio ci sono, piuttosto, la qualità e il senso dei giorni contati di Monti, ed è su quelli che si tratterà . E’ fatale che Napolitano chieda ad Alfano, e quindi a Berlusconi, cosa il Pdl abbia intenzione di fare con un paio di leggi fondamentali, la legge di stabilità, la vecchia Finanziaria che continua ad essere la legge che distribuisce in qualche modo le pochissime risorse che ancora si possono spendere, e il fiscal compact, ovvero l’impegno alla disciplina di bilancio che abbiamo firmato e preso davanti all’Europa tutta.

Ora legge di stabilità e fiscal compact sono a metà strada in Parlamento ed è tecnicamente possibile che in caso di crisi non vengano approvate. Napolitano chiederà e Alfano portavoce di Berlusconi spiegherà che legge di stabilità e fiscal compact devono passare perché neppure un Beppe Grillo oserebbe andare alle elezioni e prendersi magari il governo senza quelle leggi approvate. Perché significherebbe ricominciare da zero, anzi da sotto zero, con spread alle stelle e credibilità azzerata: insomma ereditare il governo in una situazione da incubo.

Quindi legge di stabilità e fiscal compact in qualche modo verranno portati a casa negli ultimi giorni del governo Monti. Questi e poco altro. Perché, e questo è quello che Alfano forse non dirà a Napolitano, ma troverà il modo di farlo capire, a Berlusconi “Monti serve vivo”. La campagna elettorale, basta una rapida scorsa ai titoli dei siti e dei telegiornali è già iniziata. E quella di  Berlusconi prevede un Monti presente e costantemente sotto tiro. Che l’abbia sostenuto fino a ieri è un epifenomeno: da oggi sarà un costante mal di pancia. Hanno iniziato i fedelissimi, da Fabrizio Cicchitto a Maurizio Gasparri, lo hanno detto prima nelle Camere di appartenenza e poi nella “Camera televisiva” di Porta a Porta: “Monti è inadempiente”. Eco di quanto scritto la sera prima proprio da Berlusconi: “L’Italia portata allo stremo”. Riuscire a far credere agli italiani che allo stremo l’Italia ce l’abbia portata la politica recessiva di Monti è impresa che evidentemente Berlusconi sente alla sua portata. O che, a conti fatti, comunque lo farà perdere meno nettamente le prossime politiche.

I temi della campagna elettorale di Berlusconi, del resto, sono già tutti scritti, tutti fatti più o meno trapelare tra una dichiarazione e l’altra nelle ultime settimane di silenzi e ripensamenti. Ci sarà la “Merkel cattiva”, narrazione romanzesca della Germania che ci guadagna dalla crisi e dall’euro mentre tutti gli altri piangono sangue. Poi ci sarà Monti, quello che nel frattempo in teoria dovrebbe restare premier. Monti presentato come l’uomo delle tasse e della recessione. Berlusconi ricorderà che lui l’Ici l’aveva tolta e che Monti l’ha sostituita con “l’Imu furto”. Ometterà di dire che quell’Imu è diventata legge anche coi voti del Pdl. O dirà che è stata, allora, doverosa scelta di responsabilità. Sempre Monti, quello che sarà ancora premier, verrà raccontato ora come l’uomo delle tasse ora come uomo delle banche. Oppure come l’organizzatore di uno stato di polizia fiscale. Racconterà, quindi, Berlusconi che “non lo fanno votare”. Perché, poco ma sicuro, il Pdl difficilmente insisterà più di tanto per l’election day: i tempi sono strettissimi (servono 60 giorni dallo scioglimento delle Camere per arrivare alle elezioni) e soprattutto serve tempo per costruire una campagna elettorale di cui Monti, suo malgrado, sarà protagonista, ma non come soggetto, come oggetto.

In tutto questo la legge elettorale probabilmente farà la fine delle primarie del Pdl, cancellata perché non più funzionale. Restano un po’ di incognite: il Pdl seguirà compatto il suo vecchio e nuovo leader? E che farà Pier Luigi Bersani? Continuerà a sostenere Monti o si dedicherà a raccattare più alleati possibile nel nome del “va bene chiunque e qualsiasi cosa tranne Berlusconi”. E infine che farà Monti nei giorni contati di Monti?  Per ora al Quirinale non c’è salito. Ostinato e sordo alle domande dei giornalisti come se la caduta del governo fosse una sorta di “bega plebea” e comunque un problema non suo. In privato però, starà masticando amaro. Quota 287 di spread era vicinissima. Poi è arrivata la nota di Berlusconi: “Tutti mi chiedono di continuare, Italia allo stremo”. E lo spread ha ricominciato a salire.