ROMA – Antonio Catricalà inserisce nel decreto sulle liberalizzazioni una modifica all’articolo 18. Le aziende con meno di 15 dipendenti che si uniscono, non arrivando comunque ai 50 dipendenti, non avranno l’obbligo di reintegro nel caso di licenziamento ingiustificato. I sindacati sono insorti, ma sanno che il ministro del welfare Elsa Fornero non c’entra. Rimane dunque aperto il tavolo delle trattative con i sindacati, con Susanna Camusso della Cgil che ha dichiarato: “Vogliamo fare l’accordo”.
Raffaele Bonanni della Cisl ha comunque sottolineato: “È davvero singolare trovare un intervento sull’articolo 18 nella bozza di un decreto sulle liberalizzazioni”. Il leader del Pd Pier Luigi Bersani non si è esposto, dichiarando: “Non ragiono su bozze”. Stefano Fassina della sinistra ha bocciato l’inserimento dell’articolo 18 sulla riforma: “È sbagliato tentare di incentivare le aggregazioni tra imprese attraverso l’innalzamento della soglia di applicazione dell’art 18”. Alberto Bomabassei, vicepresidente di Confindustria, è partito all’attacco: “È il momento di eliminare un’anomalia come l’articolo 18″.
Pietro Ichino, senatore del Pd, in un’intervista al fatto quotidiano ha dichiarato: “è una proposta sensata, ma è molto marginale e non tocca il cuore dei problemi. Il mio disegno di legge estende a tutti i lavoratori sostanzialmente dipendenti, fin dall’inizio del rapporto, l’applicazione dell’articolo 18 contro i licenziamenti discriminatori e una protezione diversa contro i licenziamenti per motivi economici, ispirata al modello danese. L’idea centrale del mio progetto è quella di uno scambio in materia di licenziamenti per motivo economico: maggiore flessibilità per l’impresa, in cambio di una responsabilizzazione per la ricollocazione del lavoratore”.
Il senatore del Pd ha poi criticato la proposta di Fassina: “Il contratto di ingresso che viene delineato come forma prevalente di assunzione non è affatto a tempo indeterminato, ma a termine”. Si assume, pertanto, “una forma di assunzione notevolmente peggiore rispetto al contratto a tempo indeterminato”, rischiando cosi’ di aumentare i precari.