Assedio alla scuola, Regioni la vogliono chiusa 3 giorni a settimana

di Lucio Fero
Pubblicato il 16 Ottobre 2020 - 09:18 OLTRE 6 MESI FA
Scuola chiusa: 45mila euro (almeno) in meno negli stipendi dei futuri lavoratori

Scuola chiusa: 45mila euro (almeno) in meno negli stipendi dei futuri lavoratori (Foto d’archivio Ansa)

Assedio alla scuola, scuola assediata dai molti, troppi che la considerano sacrificabile in tutto o in parte.

Lavoro non si può e non si deve fermare, svago e consumo di svago non si riesce a fermare, dunque fermiamo la scuola. Sembra una deduzione ovvia e una scelta pratica, in realtà è il peggior danno che si possa infliggere alla collettività. Scuola sotto assedio.

ASSEDIO ALLA SCUOLA. NO, DE LUCA, STAVOLTA NO

De Luca presidente della Regione Campania ha chiuso per due settimane le scuole. Pur sperando De Luca l’abbia fatto come mossa disperata (gli ospedali campani già non ce la fanno più), pur riconoscendo a De Luca la capacità e il coraggio di prevedere, decidere e non solo lisciare il pelo agli umori della gente (leggi sindaco De Magistris), pur dando a De Luca quanto gli spetta per aver tenuto le redini di un territorio non proprio culla dell’auto disciplina sociale…

Ma stavolta no, stavolta De Luca ha mancato il colpo. O meglio lo ha diretto nella direzione sbagliata. Non solo chiudere le scuole riverserà adolescenti in piazza e in strada dove si muoveranno senza protezioni e precauzioni (di certo molto minori che a scuola). Non solo chiudere le scuole costringerà genitori di alunni più piccoli magari ad affidare i piccoli ai nonni. Peggio, molto peggio è il danno che non si vede. Non ora.

CICATRICE SULLA VITA INTERA

Verranno gli anni senza pandemia e, a furia di giocare a chiudere le scuole, rischiano per una generazione di essere anche anni di analfabetismo funzionale. Un anno scolastico, quello passato, è stato più di forma che di sostanza. Handicap formativo accumulato. Un altro anno scolastico di forma e non di sostanza e handicap formativo diventa strutturale, cicatrice per tutta la vita.

La scuola, l’andare a scuola, il fare scuola è l’attività per la quale vale la pena di correre il massimo di rischio di contagio. L’attività, il fare per i quali vale pagare ogni prezzo. Mandarli a scuola e poi tenerli a casa e non mandarli al parco, alla festa con gli amici, in piazzetta per la birretta: questo dovrebbero volere e fare i genitori. Ma non lo fanno. Non ce la fanno, oppure non vogliono, oppure non capiscono.

Analogamente le cosiddette forze sociali e politiche, i governi locali e (finora meno) il governo nazionale. Non ce la fanno, non vogliono o non capiscono. Per Comuni e Regioni scuole aperte tutte e ogni giorno sono un gigantesco problema logistico: come far arrivare a scuola e come far tornare a casa ad esempio. Problema logistico grande, vero. Ma la capacità di intendere e volere di Comuni e Regioni finisce qui, non va oltre la logistica. Pensare la scuola come il luogo dove si crea o disperde il capitale umano della nazione è fuori dal mansionario del governante standard.

REGIONI: TRE GIORNI A CASA, TRE GIORNI A SCUOLA

Problema logistico? Dimezziamolo: tre giorni a casa in didattica a distanza e tre giorni in classe. Oppure dimezziamolo tenendo a casa gli studenti delle superiori. Insomma smezziamola questa scuola. Questa l’idea e la pressione delle Regioni sul governo. Suffragata dalla maggiore capacità e sensibilità riguardo al cosiddetto “territorio”. 

Ma non è “territorio”, non è pragmatismo quello delle Regioni. E’ cultura, ed è sbagliata. La stessa cultura che ha portato l’idea ad essere la prima a chiudere le scuole e l’ultima a riaprirle (la prima sul pianeta!). La stessa cultura che ora ricomincia a considerare sacrificabile in tutto lo in parte la scuola. Anche perché non è difficilissimo farlo; basta un Decreto, una Ordinanza.

La stessa cultura che ha impedito e sconsigliato di dire al paese questa estate non si balla è quella che ora consiglia di dimezzare almeno la scuola. La stessa cultura che pervade un paese pronto a mal tollerare, se non a ribellarsi, alla chiusura di svago, intrattenimento, sport. Ribellione in nome dei danni a bar, pub, ristoranti, palestre, centri sportivi. Ma paese pronto ad accettare scuole chiuse o dimezzate. Tanto qual è il danno? Solo il futuro dei figli.