Battaglia di Pasqua, aperta o chiusa? Il partito di scuole chiuse e ristoranti aperti

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 26 Febbraio 2021 - 11:20 OLTRE 6 MESI FA
Battaglia di Pasqua, aperta o chiusa? Il partito di scuole chiuse e ristoranti aperti

Battaglia di Pasqua, aperta o chiusa? Il partito di scuole chiuse e ristoranti aperti (foto ANSA)

Battaglia di Pasqua, aperta o chiusa, chiusa o aperta? Battaglia di parole truccate. Tutti premettono: dipende da come va la pandemia, la malattia, il contagio, i morti, gli ospedali…Fatta la premessa, subito viene abbandonata al sui destino. E la battaglia che si è giurato e garantito fosse da combattere insieme sui dati e sui fatti diventa battaglia ognuno per i fatti e interessi suoi combattuta gli uni contro gli altri a suon di propaganda, propaganda non di rado infarcita di argomenti tronfi e insieme grotteschi.

Battaglia…recidiva. Dal Milano riapre alle discoteche del Ferragosto…

Battaglia quella di Pasqua recidiva nella sua ripetitività. Era l’alba del Covid italiano e la gran parte della politica si esibì nella parte insieme dolente e virile del “riapriamo Lombardia e Milano”. Ovviamente la Lega, non mancò però il Pd con Zingaretti che a Milano andò per prendere parte alla campagna riapriamo e lì trovò il contagio ai suoi danni. Va bene, ok…era l’inizio, non si sapeva, non si poteva immaginare…Non è vero, si sapeva quanto bastava ma ci si rifiutò di sapere.

Per carità di patria fu elaborata la lieta novella del modello italiano di reazione alla pandemia (sostanzialmente il lockdown) e facemmo tutti finta di dimenticare che a febbraio-marzo dello scorso anno gran parte della politica, società civile, informazione e gente comune condusse battaglia per Lombardia e Milano e Nord Italia aperti…al virus, al contagio, ai morti a migliaia.

Poi fu lockdown, l’unico fatto dall’Italia (gli altri grandi paesi europei ne hanno fatti chi due chi tre) che letteralmente salvò la pelle alla salute pubblica. Ma nessun omaggio e riconoscimento, niente medaglie e neanche menzione di merito al lockdown cui fu subito assegnata la parte del cattivo, fu subito il nemico senza padre, il nemico pubblico numero uno.

Molto più del virus, del contagio, della pandemia. Infatti tra giugno ed agosto furono condotte vigorose battaglie per non tenere troppo distanziati gli ombrelloni in spiaggia, per non tenere davvero due metri tra un tavolo di ristorante e l’altro, per non menarla troppo con la mascherina nei luoghi chiusi, per non rovinare l’estate agli italiani e gli affari agli italiani che vivono dell’estate. Momento culminante e vittorioso della battaglia per l’estate fu quella del Ferragosto delle discoteche. Apposite truppe speciali nei governi e nelle amministrazioni regionale al fronte lavorarono sodo per far fare alle discoteche Ferragosto in libertà.

La battaglia estate-autunno, per rinviare chiusure

Venne la seconda ondata (in realtà la prima mai finita, era solo che il paese tutto aveva dichiarato estinto un virus che al suo minimo faceva trecento contagi al giorno). E fu ingaggiata grande battaglia per non tornare a chiudere serate, aperitivi e, men che mai, ristoranti e bar e palestre. Battaglia coronata da un qualche successo: le misure anti seconda ondata furono ritardate di un mese e mezzo. Quel che si poteva e doveva fare ad ottobre secondo scienza e coscienza fu fatto a Natale per disperazione e Natale fu un Natale chiuso.

La battaglia dello sci

Memorabile, combattuta sulle montagne. Persa per un filo, un filo maligno: il partito dello sci libero aveva quasi finto quando, letteralmente all’ultima ora, un governo intronato si accorge, guarda un po’, che la pandemia non era andata in letargo per consentire agli umani la settimana bianca.

La battaglia degli sport

Eroica, una guerriglia di massa. Capace di infliggere gravi sconfitte e umiliazioni alla truppe del rigore. La vincente tecnica guerrigliera è la seguente: ci si traveste da atleti che si allenano e si va a sciare, giocare a calcetto, nuotare in piscina.

Ora la battaglia di Pasqua (aperta o chiusa?)

Non vogliono si dica un mese prima forse Pasqua chiusa quelli che fieramente lamentarono essersi detto Natale chiuso poco prima di Natale. Ma questo del dire tutto e il suo contrario a breve, talvolta brevissima distanza di tempo, è ormai costume nazionale. Più concretamente la battaglia di Pasqua si avvale di un saliente di attacco e di nuovi sistemi d’arma. Il saliente di attacco è i ristoranti aperti a cena, i nuovi sistemi d’arma sono gli universali e ripetuti: qui da noi non ci si contagia.

Ripetere che non ha molto senso l’apparentemente sensatissimo: se si pranza perché non si cena? Non è la cena che infetta m sono gli spostamenti per andare a cena fuori che lo fanno, l’obiettivo è limitare la circolazione e gli spostamenti, di giorno le persone si muovono comunque e andare a pranzo fuori non incrementa più di tanto lo spostarsi. La sera non a caso si dovrebbe stare a casa entro le 22. E poi questa dei luoghi resi sicuri dall’osservanza dei protocolli…Fosse vera sarebbe finita pandemia. Primo: non esiste nessun protocollo che, anche se rispettato, rende l’attività o il luogo sicuro. Secondo: il rispetto dei protocolli è per forza di cose mai totale e metodico.

In prima linea  combattere la battaglia di Pasqua un forte contingente, anzi un partito: quello delle scuole chiuse e ristoranti aperti. Punta di lancia del contingente i governatori di molte Regioni, sia della Lega che del Pd, a dimostrazione di cosa l’ascolto del territorio sa produrre. E a misura di cosa conta davvero. Non è proprio come la cantano i giornali e le tv battaglia tra rigoristi (quindi un po’ antipatico per definizione) e aperturisti (quindi per definizione più simpatici). Gli aperturisti del torniamo a vivere basta col terrore le scuole le chiudono senza problemi e scrupoli. E non pochi rigoristi terrebbero aperte le scuole mentre chiuderebbero i ristoranti. Questioni di scelte, di priorità. Pasqua che priorità è?