“Bavaglio” alla stampa e ai blog? Nel 2007 il centro sinistra…

Pubblicato il 29 Settembre 2011 - 16:17 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Pd, Idv e tutta l’opposizione oggi definiscono “legge bavaglio” il disegno di legge sulle intercettazioni. E cavalcano la protesta di chi, come i blogger, manifesta pubblicamente contro il bavaglio. Ma il 17 aprile del 2007, quando la Camera dei Deputati approvò il testo del ddl Mastella che si occupava proprio di intercettazioni, parlavano di “difesa della privacy”. All’epoca al governo c’era il centrosinistra e il provvedimento, proposto dall’allora ministro della Giustizia Mastella, fu approvato quasi all’unanimità. Solo nove deputati si astennero: i Ds Giulietti, Grillini e Nicchi, il rifondatore comunista Cannavò, i Dl Zaccaria e Carra, i Verdi De Zulueta e Poletti, l’ex Ds Caldarola.

Tutti gli altri votarono, e con convinzione. E sono gli stessi che oggi criticano il ddl Alfano, che è  una riedizione  di quella proposta. Adesso sia i democratici sia Di Pietro e i suoi non fanno altro che parlare di “bavaglio all’informazione” e di “legge liberticida”.

Forse non ricordano le dichiarazioni di voto di quel giorno. Ecco cosa dicevano gli esponenti dell’allora maggioranza. Paolo Gambescia, che era capogruppo dell’Ulivo, dichiarò: “Rileva che il disegno di legge in esame, del quale richiama gli aspetti salienti, contempera con equilibrio le esigenze ad esso sottese. Dichiara pertanto il voto favorevole del suo gruppo su un provvedimento che, sanzionando deleteri eccessi, non conculca comunque la libertà di informazione”.

Paola Balducci, che rappresentava i Verdi, era sulla stessa lunghezza d’onda: “Manifestato apprezzamento per la proficua azione del Governo in materia di tutela della privacy, dichiara voto favorevole sul disegno di legge in esame, peraltro significativamente migliorato anche grazie al contributo fornito dal suo gruppo, che giudica un primo passo importante verso una compiuta tutela di diritti costituzionalmente garantiti”.

Persino l’Italia dei Valori era d’accordo con la proposta di legge, anche se oggi Di Pietro e i suoi sono tra i più battaglieri oppositori del ddl Alfano. Così parlò il capogruppo Federico Palomba: “Dichiara il voto favorevole del suo gruppo sul disegno di legge in esame, che reca una disciplina organica ed equilibrata della materia relativa alle intercettazioni”.

Queste furono le dichiarazioni in aula, ma i big della sinistra continuarono a criticare l’uso smodato che i giornali facevano delle intercettazioni anche da altri pulpiti: Filippo Facci, in un articolo pubblicato su Libero nel maggio del 2010, raccolse opinioni che sarebbero riferibili a Massimo D’Alema e a Walter Veltroni (divisi su molte cose, ma evidentemente uniti dall’opinione su questo tema).

D’Alema: “Ci sono stati episodi scandalosi in cui materiale senza nessuna attinenza con l’inchiesta è andato a finire sui giornali. E anch’io ne sono stato vittima”. Veltroni auspicava “il divieto assoluto di pubblicazione fino al termine dell’udienza preliminare”, con tanto di “sanzioni penali e amministrative molto più severe”.

In un articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano, Marco Travaglio ha riassunto le novità che sarebbero state introdotte dalla legge che avrebbe portato il nome di Mastella.

1) vietato pubblicare non solo il testo delle intercettazioni, ma anche il loro contenuto.

2) le multe per chi non rispetta le regole (sia giornalisti che editori) diventano molto più pesanti

3) è vietato pubblicare il contenuto degli atti giudiziari anche se non sono più coperti da segreto istruttorio.

4) è vietato pubblicare intercettazioni telefoniche o telematiche anche se non sono più coperte da segreto istruttorio

5) le misure cautelari nei confronti di chi è arrestato si possono riferire, ma solo nel contenuto e non nel testo (pertanto non si può pubblicare l’ordinanza di arresto).

6) gli atti del fascicolo del pm possono essere pubblicati solo dopo la sentenza di appello. Se invece il procedimento viene archiviato, non sarà mai possibile pubblicare alcunché sull’argomento.

7) non si possono pubblicare nomi delle persone coinvolte, se non sono direttamente indagate.