Beppe Grillo e i “cattivi”. Strategie: vendetta oppure “convertitevi!”

Pubblicato il 23 Febbraio 2013 - 13:34| Aggiornato il 29 Luglio 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – V per vendetta e poi la C di conversione. Un po’ di vocabolario cristiano un po’ di suggestione cinematografica. Ma vendetta e conversione sono senza dubbio le parole chiave del vocabolario politico di Beppe Grillo. Basta tornare a Roma, piazza San Giovanni, al bagno di folla di conclusione di campagna elettorale.

C’è prima di tutto la bandiera dei Cinque Stelle, con la V di movimento evidenziata. V che in origine stava per quel grido, quel “Vaffanculo” da cui la trasformazione di Beppe Grillo da semplice denunciatore a leader politico (anche se lui vuole essere chiamato portavoce resta comunque, almeno formalmente, un candidato premier) ha avuto inizio.

V che ora vuol dire vendicarsi. Di chi? Di loro. Che sono prima di tutto i politici, quelli che devono andare “tutti a casa”. Ma loro sono tante cose insieme: le banche, i consigli di amministrazione delle società che mangiano i risparmi delle persone comuni (vedi caso Montepaschi), quelli che vogliono costruire la Tav, e i giornalisti, almeno quelli italiani. Quelli che Beppe Grillo ieri sera non voleva sul palco a San Giovanni. Perché? Per vendetta, appunto. Perché dell tsunami tour si sono accorti tardi.

Poi c’è da vendicarsi di chi ha messo l’Imu, strangolato le piccole imprese, finanziato la missione in Afghanistan contro quanto previsto dalla Costituzione. E perché no, vendicarsi di Elsa Fornero mandandole i figli a lavorare in un call center.

Per tutti gli altri, quelli che non sono già irrimediabilmente”loro” ma non sono ancora “noi” c’è spazio e tempo per la conversione. Allora Grillo lancia il secondo grido: convertitevi. Come se la scelta dei Cinque Stelle non fosse una semplice scelta politica ma una sorta di professione di fede. Convertirsi a “noi” alla “gente” che tutto vuole cambiare.

E proprio per il richiamo alla conversione venerdì sera sul palco c’era anche la “mente” del Movimento, quel Gianroberto Casaleggio che poco o nulla appare, ma di cui si dice che molto, se non quasi tutto, pianifichi. Soprattutto c’erano i primi segni concreti sul territorio del Movimento Cinque Stelle di governo: dal sindaco di Parma Pizzarotti ai protagonisti dell’exploit regionale in Sicilia.

Quello che resta, però, è una visione manichea del mondo. I buoni e i cattivi. Quelli che vogliono “cambiare tutto” e che quindi devono “stare nel Movimento” e gli altri, i cattivi. Se si riesce a convertirli bene, altrimenti bisogna vendicarsi.