Il “grilloleghismo” che vince in Veneto: 5 Stelle al 26%, Lega spenta all’11%

Pubblicato il 20 Giugno 2012 - 12:10 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – “A sinistra non votiamo, di Monti siamo scettici, non resta che parcheggiarci su Grillo, in attesa che succeda qualcosa…” La dichiarazione di un importante imprenditore nordestino (per comodità lo chiamiamo “grillo-leghista”) sintetizza al meglio il fenomeno del travaso inarrestabile dei voti del ceto produttivo veneto dalla Lega che li ha traditi verso il Movimento 5 Stelle che ne asseconda la protesta anti-sistema. Anti-sistema per dire anti-partiti: era la medesima chiave del successo leghista di 25 ani fa: solo che ora, nel mazzo dei movimenti politici istituzionali considerati paria invotabili, c’è finita anche la Lega. Il cliente naturale di quell’offerta politica, il leghista alleato di Forza Italia rimasto orfano, ora s’è buttato su Grillo. I numeri certificano una progressione incredibile: M5S negli ultimi sondaggi (Demos per il Gazzettino) ha raggiunto il 26% nell’indice di fiducia dei cittadini del nord-est.

La Lega resta al palo dell’11%, l’Idv la surclassa con il 19%, mentre il Pd è attestato al 17%, Sel al 13, Udc e Pdl appaiati al 12%. La crisi politica della Lega assume i contorni di una vera sparizione in atto se osserviamo in dettaglio il livello di fiducia nelle sue ex roccaforti: a Conegliano il mese scorso è crollata dal 36,9% del 2010 al 5,6%. Nella storica piazza trevigiana, incubatrice e vetrina dell’orgoglio leghista, tra le ultime provinciali e le precedenti regionali il movimento di Bossi ha perso 90 mila elettori secchi, 20 punti percentuali lasciati per strada, un arretramento dai consensi bulgari del 48,5% al 29,5%.

Pesano gli scandali, certo, la contaminazione con lo spirito romano. Ma soprattutto pesa il fallimento del governo e della scelta berlusconiana. I problemi, per un elettorato che misura il suo appoggio sulla concretezza delle soluzioni, sono rimasti gli stessi di vent’anni fa. La demagogia di chi scende in piazza contro l’Imu e poi da sindaco aumenta le aliquote come tutti gli altri, non è più tollerata. Ahi voglia a fare opposizione al governo di Monti duro su tasse e per nulla attento a questioni federali: Maroni all’opposizione non è più credibile del Senatur. Risultato, il produttore, piccolo o medio, l’impiegato, il libero professionista, il disoccupato, tutti abbastanza giovani, tutti sufficientemente scolarizzati, insomma il perfetto “grilloleghista” da Bossi, ma anche da Maroni, non si sente più rappresentato. E sceglie una protesta cui possa riconoscere  purezza e autenticità.