Beppe Grillo: “Se M5S dà fiducia al Pd me ne vado”. Capigruppo: “No alleanza”

di Daniela Lauria
Pubblicato il 10 Marzo 2013 - 21:17| Aggiornato il 18 Settembre 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Beppe Grillo preferisce lasciare la politica che allearsi col Pd: “Se votano la fiducia”, scrive su Twitter riferito ai “suoi”, “mi ritirerò dalla politica”. Il doppio attacco al Pd è stato portato avanti anche su un altro fronte: nessun referendum su un’ipotetica alleanza col Pd, solo un governo a cinque stelle. Questa la linea dettata in conferenza stampa dai capigruppo del Movimento 5 Stelle, Roberta Lombardi e Vito Crimi, dopo oltre cinque ore di riunione in un albergo dell’Eur a Roma. Niente dialogo, nessuna alleanza con Bersani, ma neppure nessun nome da proporre a Napolitano per la Presidenza del Consiglio. Crimi, futuro capogruppo al Senato, è stato chiaro: “Al presidente Napolitano chiederemo un governo del M5S. Se Napolitano accetta un governo 5 stelle deve accettare 20 punti di programma non un nome. Prima viene il programma, poi il nome”.

In contemporanea con Lombardi e Crimi, Beppe Grillo su Twitter ha tuonato: “Qualora ci fosse un voto di fiducia dei gruppi parlamentari del M5S a chi ha distrutto l’Italia, serenamente, mi ritirerò dalla politica”. Un aut aut era già arrivato in giornata dal suo braccio destro, Gianroberto Casaleggio, che aveva ammonito: “Se vi accordate col Pd, vado via”. Nessuna cacciata, ma il gioco si ribalta e sembra quasi un “ricatto”. Ma Crimi ha spiegato di non aver dubbi che quello di Casaleggio è un ruolo di appoggio ma non di controllo. “Casaleggio non ha imposto una sua posizione, tipo ‘io caccio chi non la pensa come me’. Lui afferma che se ne va se il M5S prende una strada diversa” ovvero si allea col Pd.

Era stato proprio Crimi a fare riferimento su Facebook a contatti con il partito di Bersani. In conferenza stampa ha poi confermato la telefonata ricevuta dal Pd in merito alle future nomine dei presidenti delle Camere. “Ma noi non facciamo accordi di questo tipo, proporremo e voteremo il nostro candidato, ma non facciamo accordi per ottenere qualcosa in cambio di qualcos’altro”. Quanto alla prossima elezione del Capo dello Stato, “voteremo on line su una rosa di candidati e decideremo” spiega ancora Crimi.

Roberta Lombardi ci tiene a sottolineare che all’interno del Movimento non c’è nessun “fermento”. “Non c’è stata una persona che si è alzata per sollevare la questione referendum”. Ma a far ben sperare in tal senso, domenica mattina, erano state le parole di Ivan Catalano, futuro deputato cinque stelle, che arrivando all’Eur aveva parlato di un “Movimento in fermento” perché “un governo va fatto, altrimenti il Paese non va avanti”.

Da quelle parole si intuiva che ci fosse una minoranza di parlamentari M5s disposta a interrogarsi sull’opportunità di votare o non votare la fiducia ad un eventuale governo Bersani. E allora perché non chiedere alla base?

E l’appello lanciato sul quotidiano la Repubblica per la formazione di un governo di alto profilo assieme al Pd per non perdere l’occasione di cambiare il paese? Non leggiamo appelli – ribatte Crimi – l’appello lo abbiamo fatto noi agli italiani dicendo prima delle elezioni di votare M5S”.

L’assemblea dei neoeletti del Movimento 5 stelle ha poi bocciato a maggioranza, per alzata di mano,l’ipotesi di una “marcia” dei parlamentari a Roma per venerdì 15 marzo, in occasione della prima seduta del nuovo Parlamento. La proposta avanzata dal deputato Alessandro Di Battista prevedeva una “passeggiata di accompagnamento, con famiglie e bambini, da piazza del Popolo fino a Palazzo Madama”.

Crimi ha spiegato: “Non deve passare il concetto che ci accompagnano come i bambini al primo giorno di scuola. Noi abbiamo una nostra dignità, siamo persone serie e non dobbiamo dare l’immagine che è una marcia di vittoria perchè noi andiamo in Parlamento a lavorare”. “Ci hanno già accomunato al fascismo e a Casapound – ha aggiunto un neoparlamentare – un’iniziativa del genere verrebbe vista come una marcia su Roma“.

Infine la questione sui tagli agli stipendi dei parlamentari. Gli eletti del M5S riflettono sulla possibilità di ulteriori sforbiciate, diaria compresa, dopo le polemiche sorte nei giorni scorsi. L’assemblea sta valutando di modificare il codice di comportamento degli eletti M5S, che attualmente prevede riduzioni solo per gli stipendi. Per questo Vito Crimi ha raccomandato agli altri eletti di non firmare i documenti che verranno sottoposti ai grillini quando domani andranno a registrarsi in Parlamento. “Come avviene in un qualunque primo giorno di lavoro – ha spiegato – dovrete prendere le carte per accettazione e firmarle solo in seguito”. Crimi ha anche consigliato ai parlamentari di non fornire il codice Iban del loro conto bancario proprio per evitare accrediti non richiesti.

Non siamo casta, ma nemmeno francescani” e il riferimento è alla parlamentare siciliana che ha raccontato “in Sicilia hanno fatto un errore e hanno restituito più di quel che dovevano dare e ci hanno rimesso di tasca loro. Nessuno – ha sostenuto – vuole arricchirsi ma nemmeno rimetterci”. “Spendiamo quanto è necessario, rendicontiamo tutto e mettiamo tutto in Rete e la Rete controlla”, questo l’indirizzo. Un altro parlamentare M5S ha aggiunto: “Grillo dice che non vuole a Roma 154 francescani. Noi spendiamo quanto è necessario e rendiamo indietro allo stato 410mila euro al mese”.