Panorama: il piano di Beppe Grillo per diventare presidente della Repubblica

Pubblicato il 4 Giugno 2012 - 14:28 OLTRE 6 MESI FA

Beppe Grillo (LaPresse)

ROMA – “Demolire” a forza di attacchi l’inquilino del Quirinale e poi candidarsi a prendere il suo posto, forte di un consenso in crescita esponenziale. Il settimanale Panorama è sicuro: Beppe Grillo avrebbe un piano per diventare presidente della Repubblica dopo Giorgio Napolitano.

Il piano, riportato da Tommaso Labate, almeno sulla carta è semplice:  aspettare la scadenza del settennato di Napolitano e candidarsi pubblicamente forte, magari, di un probabile risultato positivo del Movimento a 5 stelle alle politiche di primavera 2013. Qualche problemino, a voler essere puntigliosi c’è. A cominciare da un dettaglio: il presidente della Repubblica, ad oggi, non è scelto dal popolo ma dal Parlamento che lo elegge a Camere unificate con un sistema di voto che, almeno per le prime volte, prevede un consenso molto superiore a quello della maggioranza semplice.

Dietro al disegno di Grillo ci sarebbe ancora una volta Gianroberto Casaleggio e il tutto farebbe leva su un “precedente”. Spiega Labate: “Il comico genovese, insieme con Casaleggio, avrebbe istruito la pratica studiando il precedente che nel 1999 portò i radicali a fare il pieno di voti alle europee sfruttando proprio la concomitanza con la fine di un settennato, che nella fattispecie era quello di Oscar Luigi Scalfaro. Partendo da un sondaggio Swg, secondo cui il 31 per cento degli italiani avrebbe voluto Emma Bonino presidente della Repubblica, la premiata orchestra di Marco Pannella, sostenuta dalla stampa internazionale e da testimoniai di lusso (da Indro Montanelli a Lucio Dalla), imbastì una campagna mediatica che portò le liste dei radicali a sfiorare il 9 per cento nazionale. Un record mai più battuto”.

Che tra Grillo e Napolitano non corra buon sangue è un fatto. I due si pungolano dal 2007: il Capo dello Stato contro il comico leader di un partito che partito non vuole definirsi ma che i sondaggi indicano come seconda o terza forza politica del Paese. Una “polemica” strana, forse, ma annosa e combattuta.  A fine 2007 il primo affondo di Grillo:  “Questo è il paese di Napolitano, non rappresenta i cittadini”. Subito dopo la replica del Quirinale: “Questo non è il Paese di Grillo”. Tutto finito? No, tutto appena agli inizi.

Nel periodo del Governo di Berlusconi Grillo accusava Napolitano di firmare per “debolezza” tutte le leggi proposte dall’esecutivo, compresi provvedimenti come il lodo Alfano. Neppure la caduta di Berlusconi ha abbassato il livello dello scontro. Basti pensare al famoso “boom” delle Regionali, quello che il presidente della Repubblica ha negato di aver sentito guadagnandosi la piccata risposta di Grillo dopo i ballottaggi.