Berlusconi contro Fini. “Senza ddl intercettazioni si va al voto”

Pubblicato il 17 Giugno 2010 - 21:39 OLTRE 6 MESI FA

Silvio Berlusconi

Irritato con i giornalisti, rei di attribuirgli quotidianamente frasi che lui giura di non aver mai pronunciato e nemmeno pensato; amareggiato dalla prospettiva che il disegno di legge sulle intercettazioni sia ulteriormente ammorbidito, tanto da chiedersi se ancora valga la pena vararlo; impegnato a difendere le posizioni italiane sul debito in Europa, mentre a Roma il governo è impantanato dai contrasti interni alla stessa maggioranza.

L’umore di Silvio Berlusconi era già pessimo di primo mattino, quando ha sfogliato la rassegna stampa nella suite che lo ha ospitato a Bruxelles. Saputo che Umberto Bossi era andato da Gianfranco Fini, l’umore del premier si è definitivamente rabbuiato.

Tanto che alla fine, ai più stretti collaboratori, ha ripetuto una frase che è suonata più o meno così: o mi lasciano governare o è meglio andare a votare, perché non voglio galleggiare come hanno fatto i governi che mi hanno preceduto. Concetti non nuovi, certo, ma che alla luce di quanto avvenuto in questi ultimi giorni acquistano un significato preciso. E indicano soprattutto che la pazienza del Cavaliere rischia di esaurirsi presto. Anche se, come sa bene anche lui, con la manovra in ballo e la crisi in agguato le urne sono più una minaccia che una prospettiva concreta.

Chi era con lui giura che non era informato della visita del Senatur a Montecitorio. Quando ha saputo dell’incontro, ha ragionato con i più stretti collaboratori – nelle poche pause del vertice – per cercare di capire la portata della vicenda. Sull’esito di questa analisi, le tesi discordano: dal suo entourage escludono che Berlusconi se la sia presa con Bossi. L’amicizia che li lega è salda e lo considera un alleato fedele, è il leit motiv dei più stretti collaboratori. Insomma, secondo questa versione, il premier avrebbe ‘assolto’ Bossi, comprendendo il suo bisogno di ottenere dal presidente della Camera garanzie sul federalismo.

Altri, nel Pdl, danno una lettura diversa: sono quelli che vedono con sospetto la mossa del Senatur e attribuiscono al premier gli stessi dubbi e la stessa preoccupazione. Qualunque sia la verità, su una cosa – sia nel suo entourage, che nel partito – tutti concordano: il premier è fortemente irritato dall’atteggiamento di Fini. Non solo perché convinto che stia cercando di incrinare l’asse fra lui e Bossi, ma perché continua a non capire quale sia il suo obiettivo.

Dubbi alimentati dall’atteggiamento della terza carica dello Stato sulle intercettazioni. L’accusa mossa a Fini – confida un esponente del Pdl che ha raccolto le sue confidenze – è quella di aver indebolito la maggioranza, dando modo al composito fronte anti-ddl di rafforzarsi. Non solo in Italia, ma anche all’estero. Insomma, per il premier, Fini ha remato contro gli interessi del proprio Paese.

“Credo che Berlusconi sia ormai rassegnato all’idea che il testo, che lui stesso aveva già disconosciuto, venga ulteriormente modificato”, riferisce un altro dirigente della maggioranza. Rassegnazione che, secondo qualcuno, potrebbe portarlo a rinunciare del tutto al provvedimento. Solo un’ipotesi, al momento, ma che inizia a circolare con sempre maggiore insistenza. A frenarlo – oltre al fatto che il ddl è un punto nel programma di governo – vi sarebbe una ragione tattica: cercare di capire il gioco di Fini e verificare quanto sia disposto a tirare la corda.

Le intercettazioni, insomma, come una cartina di tornasole per testare la capacità del governo di proseguire il suo mandato. “Se realizzerà che con Fini governare è ormai impossibile, l’unica soluzione sarebbe quella di cercare di andare al voto”, spiega la stessa fonte.