Berlusconi, Dell’Utri, Spatuzza: tempesta d’acqua sporca

di Lucio Fero
Pubblicato il 26 Novembre 2009 - 15:47| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA
Gaspare Spatuzza

Gaspare Spatuzza

L’altro giorno stavo comprando una giacca, regalo di Natale anticipato per l’ansia di non ridursi all’ultimo giorno. Il negoziante e proprietario, che mi sa giornalista, intavola conversazione. Non sulla crisi, i consumi e le tasse. Non vuole lamentarsi, vuole informarmi. È un cittadino che non legge con frequenza i quotidiani e i Tg li ascolta distratto. La sua è di solito un’informazione orecchiata e molto debitrice nei confronti dei luoghi comuni, del “si dice” che non si sa mai chi lo dice. Ma stavolta è preciso e puntuale, mi fa: «Lo sai da dove arriverà il prossimo avviso di garanzia per Berlusconi? Dalla Procura di Caltanisetta o Firenze e sarà per concorso esterno in associazione mafiosa». Fondata o infondata che sia, “l’informazione” è arrivata alla “gente”. Il negoziante lo “sa” e non perchè sia un fan di Di Pietro, lui vota anzi, sia pure senza passione, per la destra. E non perchè lo abbia sentito o intuito ascoltando Travaglio da Santoro, lo “sa” perchè in qualche modo tutti lo “sanno”.

Lo “sanno” in molti, moltissimi. Certamente più di quanti hanno ascoltato la versione parlamentare del “si dice” tra la gente. Lo stesso giorno della mia giacca al Senato si discuteva del concedere o no l’autorizzazione all’arresto chiesta dai magistrati per il sotto segretario al governo Nicola Cosentino, formalmente accusato di rapporti con il clan dei casalesi. I senatori del Pdl che lo hanno difeso l’hanno fatto con questo argomento: «E’ la prova generale di quello che si vuole fare con il premier, contro Berlusconi verrà usato Spatuzza».

Chi è Spatuzza? Un pentito di mafia. Da un anno collabora con la giustizia e racconta. Un anno fa cominciò a raccontare che il suo boss di riferimento, Graviano, era in “amicizia” con dei politici. Ma allora non fece i nomi dei politici. Poi ha raccontato di un incontro a Roma tra lui e Graviano in cui il boss disse qualcosa di più: in sostanza che questi politici avrebbero fatto da sponda alla strategia degli attentati mafiosi all’inizio degli anno novanta. “Sponda” che consisteva nel fare ottenere qualcosa ai boss in cambio della fine degli attentati. Per i politici in questione ci sarebbe stato il tornaconto, appunto politico, di apparire al paese come quelli che garantivano pace e sicurezza. Infine Spatuzza qualche nome lo fa: Dell’Utri e di riflesso Berlusconi. Spatuzza che deporrà pubblicamente in Tribunale nella prima settimana di dicembre.

La gente lo “sa”, qualche giornale lo scrive, in Parlamento lo si dice. Tutti se lo aspettano. E si preparano. Ma pochi ci ragionano sopra. Pochi si domandano quali rapporti logici e di fatto ci possano essere tra ciò che è possibile e ciò che è plausibile. Berlusconi e Dell’Utri che, tramite boss quali i Graviano, coprono o almeno lavorano a sfruttare le bombe e gli attentati della mafia? Solo un delirio logico prima ancora che di fatto può ritenere plausibile questa sceneggiatura che non reggerebbe in un telefilm di quarta categoria. Per crederci bisogna non solo supporre Berlusconi sia il diavolo, anzi il male incarnato, ma anche che Berlusconi sia stupido e faccia cose tanto inutili quanto suicide. Infatti a precisa domanda: qual era il tornaconto dei politici amici a collaborare con gli attentatori, Spatuzza risponde con un sostanziale: «Di preciso non so, so però che i contatti c’erano».

Diamo per buona la testimonianza di Spatuzza, buona su quel che Spatuzza può davvero sapere: «I contatti c’erano». Il resto è improbabile prima ancora che incredibile. L’idea di Berlusconi, Dell’Utri e chi altri che lavorano spalla a spalla con la mafia quando la mafia mette bombe è idea malsana e illogica. Per questo c’è da augurarsi che la magistratura non le dia corpo sotto la forma ambigua di un “concorso esterno”. Non c’è bisogno di essere amici di Berlusconi per pensarla così. Basta essere simpatizzanti del verosimile.

Ma allora cosa racconta Spatuzza, di cosa parla? Se, come è ovvio, è impossibile credere al Berlusconi mafioso e stragista, bisogna allora per forza credere al complotto contro Berlusconi? Purtroppo no, anche questo complotto è improbabile. Restando simpatizzanti del verosimile, secondo logica e fatti, Spatuzza è credibile solo e soltanto quando dice, e non lo ha detto certo solo lui, che «i contatti c’erano». Le organizzazioni criminali, attraverso mediatori e mediazioni, hanno spesso cercato contatti con le forze politiche. Lo fecero con la Dc, lo fecero con il Psi, lo hanno fatto con Forza Italia. E non sempre non hanno trovato nessuno con cui parlare, qualcuno con cui provare a trattare. Non certo sulle stragi, ma sugli affari sì. Questo inconfessabile peccato è il peccato originale di questa e di altre vicende politico-giudiziarie. Peccato politico che non trova mai sanzione elettorale e di opinione pubblica e che la magistratura tenta talvolta di trasformare e leggere in peccato giudiziario. È il corto circuito, il circolo vizioso che si ripete da decenni: politici grandi e piccoli votati a maggioranza nonostante «i contatti c’erano» e la magistratura che incrimina, senza riuscire a provare e a condannare, politici che verranno rivotati.

Speriamo stavolta non accada di nuovo e con rinnovato e aumentato fragore. Speriamo di non aver un premier “avvisato” per concorso esterno che non c’è e che resta in sella ferito e furioso. Mentre l’opposizione gli dà del mafioso e la maggioranza smonta per vendetta e autodifesa magistratura e giustizia. «I contatti c’erano», ci sono stati, per gli affari e non per le bombe. Se i cittadini lo ritengono normale, indifferente e se i cittadini se ne fregano è cosa che riguarda la società e non i Tribunali. Speriamo i magistrati se ne ricordino. Non sta a loro alimentare la giusta speranza che i cittadini se ne accorgano.