Silvio Berlusconi mostra i muscoli di fronte all’ultimatum di Gianfranco Fini, ma ormai anche il premier sembra rassegnato al voto in primavera. Se vuole la mia testa, dovra’ votare la sfiducia, assumendosi la responsabilita’ della fine della legislatura in Parlamento, e’ la prima reazione che il premier confida ai fedelissimi pochi minuti dopo la fine dell’intervento del leader di Fli. Dettando quella che poi sara’ la linea di tutto il Pdl. Il presidente del Consiglio, dunque, va avanti. Ma non si fa molte illusioni sul fatto che la legislatura possa proseguire: ormai e’ ”morta e sepolta”, e’ la frase che un dirigente del Pdl gli attribuisce.
Raccontano che il Cavaliere, chiuso ad Arcore, abbia passato la giornata con alcuni dei suoi cinque figli. Difficile credere che non abbia ascoltato il discorso di Fini, nonostante lui stesso abbia detto a diversi deputati di non aver acceso il televisore se non dopo, per godersi la vittoria del suo Milan. Un distacco ostentato anche con il silenzio ufficiale con cui ha accolto le durissime parole del presidente della Camera. Chi lo ha sentito giura di averlo trovato calmo, sereno, quasi sollevato. Non mancano le telefonate con consiglieri e dirigenti di via dell’Umilta’: da Gianni Letta, a Denis Verdini; da Paolo Bonaiuti, a Fabrizio Cicchitto; passando per ministri ma anche ‘semplici’ parlamentari. Tutti riferiscono, raccontano, danno la loro versione della reazione del premier.
Ne nascono una serie di ragionamenti, utili a capire il suo stato d’animo. Si parte dal giudizio su Fini. Del suo ‘tradimento’ del mandato elettorale, del suo essere legato a rituali da Prima Repubblica come quello di una crisi ‘extraparlamentare’ che, a detta del leader del Pdl, non sarebbe gradita neanche al Quirinale. Vorrebbe un mio passo indietro, senza neanche dare garanzie su chi dovrebbe essere il prossimo premier, sarebbe l’argomentazione del premier. Un ‘boccone avvelenato’, da respingere al mittente. Gli elogi di Fini a diversi ministri, inoltre, dimostrano come dietro il suo ultimatum non vi siano ragioni politiche, ma solo pretesti dovuti al livore personale. Il premier avrebbe particolarmente insistito sull’incoerenza di chiedere le dimissioni del capo del governo rimanendo seduto sullo scranno piu’ alto di Montecitorio. Chiedendo a tutti – deputati, senatori e dirigenti – di puntare su questo nelle loro dichiarazioni. E ancora: Fini parla di legge elettorale vergognosa, dopo averla votata; auspica un patto sociale allargato alla Cgil, confermando di essere ormai appiattito sulle posizioni della sinistra. Per non parlare del ‘festival dell’insulto’ proveniente dai Falchi alla Granata, Briguglio, Barbareschi.
Sul da farsi, il premier sarebbe stato altrettanto netto: se vuole la mia testa deve venire a prendersela in Parlamento perche’ io non mi dimetto. Ritiri pure la delegazione dal governo e mi voti contro, sempre che ne abbiano il coraggio. Qualcuno gli attribuisce infatti la speranza che Fli possa spaccarsi. ”Cosa fanno, presentano e votano una mozione di sfiducia con Di Pietro”, si chiede un dirigente del Pdl, ”o peggio bocciano la finanziaria?”.
Anche per questo, qualche consigliere gli suggerisce di chiamare i ministri ‘futuristi’ uno ad uno, per chiedere loro cosa intendano fare. Ma il nodo per il Cavaliere e’ un’altro: e’ Fini che dovra’ assumersi la totale responsabilita’ della crisi, pagandone il prezzo in termini elettorali. Lui stesso pero’ e’ ormai rassegnato alle urne anticipate. Basta pensare alla frase che gli viene attribuita sulla legislatura ormai ”morta e sepolta”. Casini, avrebbe spiegato, non e’ disponibile ad entrare nella maggioranza e l’unica alternativa sarebbe quella di farsi logorare lentamente. Conclusione: meglio scaricare la colpa su Fini e sperare che il Quirinale non si opponga al voto.