A Cannes l’ultimo bluff: lui precipita, a gennaio si vota?

di Warsamé Dini Casali
Pubblicato il 3 Novembre 2011 - 11:14 OLTRE 6 MESI FA

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ROMA – Ultimo atto, ultimo giro, ultima chiamata, ultimo treno…ma quanto durano queste battute finali? Segnatevi la data, lunedì 7 novembre o martedì al massimo, il luogo, la Camera dei Deputati: si vota di nuovo il rendiconto sulla manovra. Se il Governo cade lì (è messo perfino peggio dell’ultimo scivolone), Napolitano sarebbe orientato a sciogliere le Camere: niente governi tecnici o di salute nazionale, si ragiona sulla soluzione spagnola, premier dimissionato, nuove elezioni, nuova vita. Berlusconi si intesterebbe un altro record: per la prima volta nella storia della Repubblica il Paese verrebbe chiamato al voto a gennaio e non come usuale, tra aprile e giugno.

Il dossier Italia, è l’unica carta del premier, sarà esaminato solo dopo quello greco. La scelta di Papandreu di indire il referendum nasconderà, giusto il tempo dell’esame, il bluff di Berlusconi. La strategia del presidente del Consiglio è scoperta: durare fino a Natale, per guidare dal posto di comando uno scivolamento morbido alle elezioni anticipate in primavera, avendo disinnescato la mina referendaria che abolirebbe l’attuale legge elettorale (il famigerato porcellum). Alla Camera la settimana prossima sfiderà gli scettici, gli oppositori interni: “Chi mi vuole sfiduciare lo deve fare alla luce del sole, in Parlamento, e sulle misure che ci chiede l’Europa. Vedremo se sono io il problema o coloro che remano in modo irresponsabile contro gli interessi del Paese”.

Nel frattempo, tutti, ma proprio tutti, lavorano alla defenestrazione del premier. Ancora al  Consiglio dei Ministri di ieri sera Tremonti chiedeva un segnale di discontinuità: non ha detto “dimettiti” altrimenti ne andava della sua incolumità fisica. Al Quirinale il clima è quello della crisi di governo, perché il Capo dello Stato ha incontrato tutti i rappresentanti delle opposizioni, anticipando il rito delle consultazioni, solo per carità di Patria e rigore istituzionale definite informali. Napolitano ha ascoltato attentamente il pensiero di Draghi, che ragiona dal punto di vista dell’Europa e dei mercati: lo scioglimento delle Camere non sarebbe vissuto come uno choc. Anzi, rappresenterebbe il miglior ricostituente per la fiducia del Paese, finalmente libero dall’imbarazzante Berlusconi, prigioniero di una forza, la Lega, inaffidabile e minoritaria.

Dunque Napolitano e Draghi contro. Le opposizioni, nonostante le abissali differenze, remano insieme: l’importante che Berlusconi si tolga dai piedi, un minuto dopo voterebbero a occhi chiusi ogni lettera di Bruxelles, anche senza aprirla. Casini sta pensando di mettere a disposizione l’Udc come il serbatoio raccogli-moderati, una sorta di Costituente che imbarchi i fuoriusciti dal Pdl. Sì, perché dalla nave che affonda, in parecchi si stanno attrezzando per scegliersi un paracadute politico. Anche tra quelli considerati fino a poco tempo fa fedelissimi del Capo, pasdaran, falchi ecc…Spicca la lettera con la quale sei deputati, guidati dall’amico di lunga data Roberto Antonione, chiedono a Berlusconi un passo indietro. Con loro anche Stracquadanio, anche la Bertolini: erano fra i devoti, sono nel numero dei congiurati. Anche il senatore Paniz, l’avvocato aggiunto, che gli contesta addirittura la commistione tra affari pubblici e suoi affari privati.