Era “Berlusconi o elezioni”. E’ “Berlusconi o…Berlusconi”. Il premier diffida del voto

di Lucio Fero
Pubblicato il 31 Gennaio 2011 - 15:02 OLTRE 6 MESI FA

ROMA-Fino a due settimane fa, settimane non mesi, era: “O Berlusconi o elezioni”. Adesso è diventato: “O Berlusconi o…Berlusconi”. Il premier, il suo partito, i suoi ministri, capigruppo, deputati e senatori hanno cambiato, anzi rovesciato slogan, strategia e comunicazione al paese. Nell’ultima versione Silvio Berlusconi ha detto: “Le elezioni le vuole solo chi pensa al suo interesse, al suo potere”. Beata rimozione e amnesia collettiva: due settimane fa le elezioni anticipate erano l’arma risolutiva e purificatrice sventolata a due mani da tutto il Pdl. Simmetricamente tutte le opposizioni, il Pd di Bersani, l’Udc di Casini, Fli di Fini puntavano ad “altri governi” senza passare per la via delle elezioni anticipate che consideravano estrema e inutile sciagura. Ora Bersani, D’Alema, Casini e Fini dicono l’esatto contrario: elezioni se Berlusconi resiste e resiste e resiste…Si sono scambiati le parti. Di più, nell’ultimissa versione Silvio Berlusconi propone al Pd una specia di patto “bipartisan” per governare insieme, non il paese, ma almeno la crisi economica. Veloce e totale quadriglia, ma perché è stata quadriglia con Tizio al posto di Caio è viceversa?

Ipotesi uno, quella sbrigativamente detta del “Se schioda non rientra”. E’ il “Fattore C”, il fattore colla che inchioda Berlusconi alla sedia di premier. Se “scolla”, anche solo per un giro di elezioni, Berlusconi a Palazzo Chigi non rientra. Sono questi i calcoli del Pdl, non dell’opposizione. Non rientra perchè “sommerso” da processi, sono quattro quelli che lo attendono. Non rientra perchè, anche se arriva primo nella conta elettorale, le elezioni non le vince in pieno, gli manca la maggioranza al Senato e per fare un governo dopo le elezioni serve un altro premier. Non rientra perché la corda si spezza e allora è meglio non “tirarla” e infatti il Pdl annulla e riinuncia alla manifestazione di piazza del 13 febbraio a Milano contro la Procura. Quindi le elezioni diventano per il premier un rischioso affare e non un investimento sicuro. E infatti il Pdl si affretta e si affanna a negare che Napolitano le Camere le possa sciogliere da solo, senza il consenso di Berlusconi. Un mese fa il Pdl pubblicamente si chiedeva come avrebbe fatto a convincere Napolitano a sciogliere le Camere.

Ipotesi due, quella sbrigativamente detta del “C’era una volta il sondaggio”. Il sondaggio sicuro non c’è più, vatti a fidare: la metà dell’elettorato risponde che non sa e ci sta pensando. E l’ultimo sondaggio, il solito ma affidabile Mannheimer sul Corriere della Sera, segnala una “linea di faglia”: fiduciosi nel premier, in Lui in persona il 27,5 per cento. Non fiduciosi nel premier il 13 per cento degli elettori di Forza Italia e il 41 per cento di quelli della Lega. Resiste la fiducia nel governo al 31 per cento. Latita quella nell’opposizione, appena il 15 per cento. Inesistente la fiducia nella politica: 10 per cento. Preoccupante quella in Napolitano: 84 per cento. Con questi chiari di luna, anzi con questi “scuri” di luna, per Berlusconi le elezioni sono un tuffo ad altissimo coefficiente di difficoltà. L’unica garanzia, l’unico trampolino è che l’opposizione sta, se possibile, peggio della maggioranza.

Ipotesi tre, quella sbrigativamente detta: “Ruby più tasse fa fracasso”. Berlusconi ha qualcosa da dare a chi gli è venuto in soccorso in Parlamento e a chi in Parlamento facesse altrettanto: posti di governo. Si chiama rimpasto e ci sta lavorando. Ma all’elettorato cosa ha da dare Berlusconi? Sta chiedendo a Tremonti di dare, in fretta e anche in furia, meno tasse. Ma a marzo, a marzo e non chissà quando, l’Europa chiederà a tutti i governi azioni garantite per il rientro dal debito pubblico. Non solo lo 0,5 per cento del Pil di minor spesa già messo in conto ma qualcosa di più, almeno un punto abbondante di Pil. Berlusconi “rischia” la paternità di una manovra aggiuntiva 2011, altro che meno tasse. E il federalismo fiscale ha un prezzo ormai palese, evidente, dichiarato. Almeno alla nascita costa più tasse comunale, le addizionali Irpef. Ruby da sola non smuove un voto, però qua e là nell’elettorato di centro destra Ruby ha fatto il lavoro che si fa con un dente che comincia a da fastidio: ha allentato il consenso, anche se il consenso è “ancora in sede”. Ruby più tasse può avere l’effetto della tenaglia che il dente lo smuove davvero. L’argomento che “sotto le lenzuola” ognuno fa quel che gli pare è argomento che nell’opinione pubblica regge. Ma gli indifferenti alle lenzuola cambiano umore se sotto le lezuola c’è la tassa. Quindi votare a maggio 2011 può essere votare proprio quando tasse e lenzuola si sommano.

Per ora la somma delle tre ipotesi e dei tre Fattori, colla, sondaggio e tasse, fa sparire le elezioni e contrarre l’orizzonte del Pdl a “Berlusconi o…Berlusconi”. Per quel che vale, è la prima volta che Berlusconi guarda con sopsetto, esitazione e diffidenza al “Giudizio dell’urna”.