Il Pd non replica a Berlusconi: “Risponderemo in piazza”

Pubblicato il 10 Febbraio 2011 - 21:10 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Il Pd evita di inseguire il Pdl contrattaccando alle strategie in difesa del premier Silvio Berlusconi, da ultima l’ipotesi di ricorso alla Corte di Strasburgo per violazione della privacy. ”Non scendiamo sul piano di chi la spara più grossa”, è l’indicazione che Pier Luigi Bersani ha dato ai suoi. Ma intanto, i vertici del partito stanno pensando di tornare in piazza.

Ad allarmare il leader Pd è però l’escalation di attacchi da parte del Cavaliere, ”parole eversive” che confermano ancor più la necessità per le opposizioni di ”rinserrare le fila e costruire un’iniziativa nuova e unitaria”. Ed è sempre in nome di un’emergenza democratica che il Pd dice addio alle titubanze del passato e sceglie la piazza, la propria e anche degli altri. Saranno oltre 3 mila i gazebo che il Pd allestirà sabato e domenica in tutta Italia e tutti i big sono mobilitati.

L’obiettivo dei 10 milioni di firme per l’appello “Silvio dimettiti” è ambizioso ma il responsabile Organizzazione Nico Stumpo è più che ottimista anche perché ”c’è una risposta positiva anche da chi non è un elettore del Pd”. Il 10 febbraio i capigruppo di Camera e Senato Dario Franceschini e Anna Finocchiaro hanno firmato in un banchetto nel centro di Roma, battendo sul fatto che ”in qualsiasi altro paese un leader politico avrebbe fatto un passo indietro ma in Italia questo non avviene perché Berlusconi da sempre mette il proprio interesse personale davanti agli interessi del Paese”.

L’annuncio di Frattini di un ricorso a Strasburgo è stato liquidato come una boutade che ”fa ridere i polli” da Franceschini che invece si mette di traverso all’idea della maggioranza di reintrodurre l’immunità parlamentare, ”una vergogna per fortuna senza possibilità di approvazione”.

Ma oltre all’opposizione parlamentare, che in realtà non richiede grande impegno vista la carenza di voti in Aula, il Pd decide di abbracciare la mobilitazione di piazza, strategia in passato valutata con cautela per evitare l’immagine di partito radicale. E perché, per quanto minoritaria, c’è nel Pd la voce di chi, come Marco Follini, ritiene che ”accarezzare ogni protesta per il verso del pelo, intingere la nostra politica nell’inchiostro dello sdegno, toglie qualcosa alle possibilità dell’alternativa”.

Dubbi che però Bersani non ha più mentre trova conferma della necessità di abbracciare la protesta nelle parole ”eversive” del premier nell’intervista al Foglio. ”Siamo vicini alla soglia di allarme”, sostiene il leader Pd che torna a chiedere che ”si pronunci nel Paese chiunque ha la possibilità di far sentire la sua voce”.

A questo punto per i vertici Pd non basta più la forza dei partiti ma serve l’indignazione delle classi dirigenti e dei cittadini. Per questo da subito tutti i big, a partire da Bersani, hanno abbracciato la protesta delle donne e domenica 13 febbraio sfileranno in corteo.