Berlusconi e Fini, il “Grande Addio”: lo show dell’astio e delle minacce

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 22 Aprile 2010 - 15:45| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Fini e Berlusconi litigano durante l'intervento dell'ex leader di An

La tentazione, irrefrenabile e giustificata, è di raccontarlo come un grande spettacolo, lo spettacolo di un pubblico, teso e appunto spettacolare litigio tra due noti potenti: il più potente che c’è e l’unico che in casa sua gli dia sulla voce l’un contro l’altro litiganti. E spettacolo grande c’è stato: mai visto un Berlusconi così pubblicamente adirato, offeso e impegnato a demolire l’avversario. E mai si era visto un Fini, nè chiunque altro del Pdl pubblicamente trattare Berlusconi come un uomo normale, di questa terra e rivolgersi a lui chiamandolo solo con il cognome, una sorta di “tu” politico quando tutti gli danno del deferente “voi”. Grande show. Ma non era solo spettacolo, era, è stata una lezione di verità, una buona e utile lezione. Lezione sulla differenza ormai smarrita e sempre omessa tra politica e propaganda. Lezione offerta, squadernata con un mezzo didattico inconsueto: ci sono state mostrate le immagini e il linguaggio vero delle riunione e degli incontri, dei vertici e dei colloqui. Immagini e linguaggio che nei telegiornali e nei giornali non vanno mai.

Fini dalla tribuna: “Berlusconi, è inutile che ti innervosisci, certo, la riforma della giustizia… ma te la ricordi la discussione… quella sera… Il processo breve, 600 mila processi cancellati dalla sera alla mattina, te la ricordi? Te lo ricordi quando ti dissi che non bisognava dare l’impressione di creare sacche di impunità?”.

Berlusconi dalla sedia sul palco: “Su otto milioni, su otto milioni, se erano seicentomila…”.

Fini dalla tribuna: “Ormai le elezioni le abbiamo vinte, davvero credi ancora che la mancata ammissione della lista del Pdl nel Lazio sia stata il frutto di un complotto dei giudici?”.

Berlusconi dalla sedia sul palco: “Sì, sì, sì!”.

Fini dalla tribuna: “Il federalismo, calcoliamo rischi e opportunità: in tempi di vacche magre per l’economia può mettere a rischio la coesione sociale, davvero siamo la fotocopia della Lega?”.

Berlusconi dalla tribuna quando toccherà a lui: “La Lega? L’unico problema è che la Lega lavora sul territorio, dobbiamo imparare anche noi a lavorare il sabato e la domenica”.

Fini dalla tribuna: “Ma davvero si possono togliere dalla scuola i bambini figli di immigrati in attesa del rinnovo del permesso di soggiorno?”.

Berlusconi dalla sedia sul palco: solo silenzio, un silenzio che significa: sì, si può.

Fini dalla tribuna: “Qual è la bozza, la riforma Costituzionale del Pdl?”.

Berlusconi dalla sedia sul palco e poi dalla tribuna: non una parola sul tema.

Poi le parti, o meglio le posture si invertono, Berlusconi si prende la tribuna e il microfono, Fini va sulla sedia, in platea.

Berlusconi: “Mi pare di sognare ascoltandoti adesso… ma quando mai le hai dette queste cose prima Fini? In quale riunione? Non sei venuto neanche a San Giovanni in campagna elettorale… Non sei venuto al Pdl, quel Pdl additato al pubblico ludibrio da Bocchino…”.

Fini dalla sedia fa cenno di no, quasi si alza in piedi, pronuncia frasi nascoste dall’assenza di audio, non ha microfono, è poco più di uno qualsiasi in platea.

Berlusconi: “Hai cambiato posizione? Che dici, che dici ora del Pdl? Te lo ricordi quello che mi hai detto, era presente Gianni Letta. Hai detto: mi sono pentito di aver collaborato a fondare il Pdl… Hai detto: voglio fare gruppi autonomi… La Sicilia? Sei stato tu, otto uomini tuoi…”.

Fini dalla sedia scuote la testa, solleva l’indice.

Berlusconi: “Vuoi fare politica, vuoi dire queste cose? Lo fai da uomo politico nel partito e non da presidente della Camera”.

Fini dalla sedia: “Che fai, mi cacci?”.

Sono le 14 e dieci minuti circa. Prima c’erano state tre ore di organizzata “pubblica umiliazione” per Fini. Bondi e il suo stupore perché qualcuno contestava il “giganteggiare” di Berlusconi, Frattini che raccontava come Berlusconi avesse dettato la linea ad Obama, La Russa che spiegava come quel che era An fosse finalmente e felicemente fusa con quella che era Forza Italia. E Berlusconi che salutava una legione di “cofondatori”, tra cui, uno tra i tanti, Gianfranco Fini. Sono le 14 e nella pausa pranzo della Direzione nazionale del Pdl i giornali titolano: “Fini, Berlusconi: frattura totale”.

La maggior parte degli elettori-spettatori del centro destra non capisce Fini. La gran parte lo considera se non un “traditore”, parola che Fini non ha avuto paura di usare, di certo un disturbatore della vittoria. L’opinione pubblica di destra, prima ancora che il Pdl, non capisce e disapprova Fini. Quel Fini che nel grande spettacolo ha domandato: ma davvero è di destra cancellare processi, discriminare bambini, farsi scrivere la Costituzione italiana dalla Lega?

Avrebbe potuto aggiungere altre domande: è di destra volere gli insegnanti nati e residenti nella Regione, è di destra protestare perchè una neonata musulmana viene seppellita in un cimitero islamico a due passi da Udine e chiedere che la salma venga sfrattata? E’ di destra un federalismo diventato religione obbligatoria? Domande che la gran parte dell’elettorato di destra non capisce.

Domande che la “gente di destra” giudica incongrue, importune e che quindi non ascolta. Domande dunque a cui elettorato, gente e opinione pubblica di destra così facendo risponde di sì: questa è la destra italiana, qui e oggi. Destra che vince, altra non c’è. E fate star zitto quel Fini o almeno levategli la sedia della presidenza della Camera, così parla meno e a voce più bassa che non disturba.