Fini, Tremonti e Berlusconi: la follia della politica italiana

di Gennaro Malgieri
Pubblicato il 8 Gennaio 2011 - 11:39 OLTRE 6 MESI FA

Dopo la crisi, la follia? E’ possibile. Il mondo politico sembra letteralmente impazzito. Non si riesce a capire più chi sta con chi e a quale scopo.

Fino a poche settimane fa, l’eroe della sinistra era Fini osannato come l’antiBerlusconi per eccellenza. Fallita la spallata al Cavaliere, disordinatamente ordita dal presidente della Camera, il nuovo eroe nella solita guerra, incalzato tanto dai finiani quanto dalle altre opposizioni, dovrebbe essere Tremonti, anche se non si capisce perché. Il ministro dell’Economia fa comunella con la Lega per condizionare il suo principale ed indurlo ad andare alle elezioni anticipate con la speranza di vincerle a metà. In tal caso, si dice, potrebbe diventare lui stesso il capo del governo. Del resto con due possibili maggioranze diverse alla Camera ed al Senato (è su questo che puntano avversari e finti amici del Cavaliere), la soluzione più semplice sarebbe proprio quella di mandare Tremonti a Palazzo Chigi, posto che alle elezioni non si potrebbe proprio tornare dopo poche settimane. Dunque, si gioca al ribasso, o a perdere per vincere: una partita giocabile soltanto in Italia.

In queste condizioni Berlusconi è determinato comunque ad andare avanti. Non gli manca il gusto per la sfida e non è detto che non ce la faccia anche questa volta. Con una difficoltà in più: la Lega. Un Bossi ostinato, che non vedesse approvato il federalismo entro gennaio, non ci metterebbe neppure un secondo a staccare la spina al governo. Al Cavaliere, in tal caso, non resterebbe che gettare la spugna. Paradossalmente, i più felici sarebbero finiani, udiccini, sinistre assortite, dipietristi: i nemici di sempre, e tra i più implacabili, della Lega stessa la quale, da “alleato fedele” diventerebbe, in men che non si dica, il nemico mortale di Berlusconi, come nel 1994, quando si fece mallevadrice del governo Dini. Con una differenza: allora gli procuro’ una ferita, per quanto dolorosa, rimediabile; oggi lo seppellirebbe defintivamente.

La parte del Cavaliere morente, a Berlusconi non s’addice. Infatti e’ impegnato, con tutte le risorse di cui dispone, a respingere gli attacchi che gli vengono portati da più fronti, allo scopo di allargare la maggioranza: impresa ardua, se non impossibile. Non è detto, comunque, che non riesca. Ma se il fine è quello di recuperare parlamentari nelle commissioni di Senato e Camera – a questo serve essenzialmente il “gruppo dei responsabili ” – per poter governare c’è bisogno d qualcosa in più: della politica che non si acquista tanto facilmente, ma non è non è neppure detto che con truppe raccogliticce non si riesca a dare un quadro sia pur sbiaditamente omogeneo ad una maggioranza oggettivamente frastornata. Non è il massimo, ma questo passa il convento.

Se un quadro di tal genere non è folle, ditemi voi in quale altro modo lo si può definire. Quando in politica non si riescono a costruire praticabili vie d’uscita, non resta che affidarsi al caso, il quale – come si sa – va sempre a braccetto con la necessità. Nella fattispecie alla nostra attenzione la disfatta giudiziaria del Cavaliere davanti alla Corte costituzionale rappresenterebbe, secondo qualcuno, l’occasione per uscire dall’impasse. E’ un’illusione. Per guadagnare tempo, Berlusconi chiederebbe le elezioni, con soddisfazione della Lega e di Tremonti. Poi saremmo nuovamente daccapo. A meno che lo scenario post- elettorale non sia quello sopra descritto, ma caratterizzato da una maggioranza omogenea, per quanto risicata, in entrambi i rami del Parlamento.

In tal caso Berlusconi proverre ancora a governare, assediato dagli stessi problemi e con una coalizione non proprio coesa nella quale esploderebbero le contraddizioni già emerse nel Pdl fin dalla sua nascita.

Che fare, allora? Aspettare. Tirare a campare. Realisticamente augurarci che il gruppo dei responsabili si formi, il federalismo passi, Tremonti trovi un modus vivendi con Berlusconi, la Consulta quanto meno emetta una sentenza interpretativa del legittimo impedimento e nel Pdl,auspice il leader, si apra una discussione politica finalizzata a dare nuovi assetti al centrodestra.

Per il momento ci si tolga dalla testa che Casini potrà prendere il posto di Fini. Non esiste. L’uomo ha perso il treno quando poteva prenderlo, deve aspettare il prossimo. In un nuovo centrodestra certamente ci sarà posto anche per lui. Più difficile per Fini. E’ un altro paradosso. Folle, come tutto il resto.