Il bavaglio di Ghedini a Napolitano

di Giuseppe Giulietti
Pubblicato il 2 Luglio 2010 - 21:37| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

“Se Napolitano vuole controllare, si faccia prima eleggere..”, così, in modo sobrio ed elegante, si è espresso l’avvocato, nonchè deputato, Niccolò Ghedini, uomo di fiducia del presidente del Consiglio. Di quale colpa terribile si era mai macchiato il presidente della Repubblica? Forse di essersi permesso di ricordare, per altro con il consueto garbo, che sulla cosiddetta legge bavaglio non ci sono trattative preventive e che il presidente esprimerà le sue valutazioni alla fine dell’iter legislativo. Dove sta il problema? Cosa altro avrebbe dovuto dire il presidente, forse avrebbe dovuto rilasciare un benestare preventivo? Oppure Ghedini e soci già sanno che hanno predisposto un imbroglio destinato a suscitare perplessità, per usare un eufemismo, ovunque sia ancora in vigore la carta costituzionale.

La legge bavaglio è già stata demolita da tutte le istituzioni internazionali che si occupano della libertà dei media. Come se non bastasse il procuratore generale anti mafia Pietro Grasso, tutto meno che una toga rossa, ha letteralmente fatto a pezzi il testo denunciando tutti i rischi che ne deriverebbero per la sicurezza dello stato. Le sue parole hanno costretto il presidente Fini ad affermare che “non si può fare finta di non aver sentito..”

Invece Berlusconi, Ghedini e soci hanno proprio intenzione di fare finta di nulla, di procedere tentando di travolgere il Parlamento, Fini e il presidente Napolitano. Le parole di Ghedini hanno un vago sapore minatorio ed eversivo, se fossero state pronunciate da qualsiasi altro cittadino avremmo già ascoltato quintali di indignazione a reti unificate. Sarà appena il caso di ricordare che l’avvocato Ghedini non è una testa calda, pesa sempre le parole e non si esprime su simili materie senza aver ascoltato il parere del capo supremo.La sua dunque è una vera e propria dichiarazione di guerra contro le istituzioni di garanzia a cominciare dal presidente della Repubblica e dalla Corte Costituzionale.

Diamo volentieri atto al presidente Fini di aver risposto per le rime ai vari Bondi, ma forse sta per arrivare il momento della rottura definitiva e necessaria. La legge bavaglio non può e non deve passare e chiunque ami la legalità repubblicana avrà l’obbligo di pronunciare il suo no nell’aula della Camera dei deputati, costi quel che costi. Qualche ora fa il senatore Dell’Utri,condannato a sette anni di galera in appello, ha voluto lanciare un preciso segnale celebrando l’eroismo del mafioso Mangano, condannato per delitti ignobili. Tutti quelli che continuano a preferire il ricordo dei Falcone e dei Borsellino hanno il dovere politico e morale di mettersi insieme e di fermare, prima che sia troppo tardi, una metastasi che sta minando gravemente il nostro ordinamento istituzionale e costituzionale.