‘Caso Libia’, La Lega ricatta Berlusconi: “Ha sbagliato, voto in Aula”

Pubblicato il 28 Aprile 2011 - 00:11 OLTRE 6 MESI FA

Silvio Berlusconi e Umberto Bossi (foto LaPresse)

ROMA –  La Lega ricatta Silvio Berlusconi, qual è il prezzo che pagheranno gli italiani? Quella che si sta consumando in questi giorni sembra una crisi nera tra due alleati di vecchio corso ma la Lega non sembra avere nessun interesse a staccare la spina al governo. Nel Pdl si teme che questa volta si possa arrivare al termine di un feeling che va avanti, tra alti e bassi, da 17 anni. Ma il Carroccio non ha nessun vantaggio nel lasciare il suo alleato migliore, che gli ha garantito finora posti di rilievo nel governo. Semmai sono gli italiani che dovrebbero preoccuparsi: a cosa porterà questo ennesimo braccio di ferro tutto interno al centrodestra? A nuove tasse per il sud? A una stretta contro gli immigrati? Staremo a vedere.

Certamente in queste ore la tensione è alta.Il Carroccio dice ‘no’ ai bombardamenti e sfida Silvio Berlusconi ad un voto parlamentare ormai ”inevitabile”, giudicando ”sbagliato” il cambio di rotta del premier sulla Libia. Il giorno dopo il duro sfogo di Umberto Bossi, i ‘lumbard’ non abbassano i toni. ‘Berlusconi si inginocchia a Parigi’, ha aperto a tutta pagina La Padania. Ma quello della Lega non sembra altro che l’ennesima mossa per stringere il cappio intorno al collo di Berlusconi, usare l’arma del voto come ricatto e ottenere ciò che vuole. In primis il federalismo.

A un Berlusconi che prende decisioni da solo, ha replicato una Lega infuriata e che anche oggi non ha smesso di mandare messaggi duri all’indirizzo del premier. Roberto Maroni non ha smorzato gli animi: “Decisione sbagliata, la linea sulla Libia è e rimane quella dettata da Umberto Bossi sulla Padania, il resto sono variazioni sul tema”.

Il caso, insomma, non è affatto chiuso. Lo dimostrano le altre parole pronunciate dallo stesso Maroni. Che a differenza di Reguzzoni invoca un passaggio parlamentare e definisce la scelta del Cavaliere “inopinata e incomprensibile”. “Non riusciamo a capire perchè una decisione così, che era già stata contrastata da lui in Consiglio dei ministri, sia stata presa senza consultare nessuno. Non siamo qui solo a spingere bottoni”.

Tra Bossi e Berlusconi, dopo i tentativi della notte scorsa di spiegarsi, si è registrato un vero e proprio black out. Nessuna telefonata, si sottolinea in ambienti del governo. E, al momento, nessun impegno per incontrarsi. I due alleati sono ai ferri corti, anche se non si capisce fino a che punto sia disposto ad arrivare il Carroccio. Sicuramente, non pensa di far saltare il banco e smentisce nettamente le voci di un possibile disimpegno dal governo, soprattutto alla vigilia del voto delle amministrative di Milano. Oltretutto, Bossi avrebbe difficoltà a giustificare al suo elettorato, dopo essersi staccato da Berlusconi, una eventuale decisione di tornare ancora una volta sui propri passi e ‘subire’ le decisioni dell’alleato.

Resta il deciso sostegno del Carroccio al decreto del ministro del Tesoro contro le scalate ostili, ideato per salvaguardare, appunto, l’italianità di aziende come Parmalat. E proprio questo presunto asse tra Bossi e Giulio Tremonti sarebbe uno dei motivi di tensione con Silvio Berlusconi, si ragiona in ambienti della maggioranza. Anche se qualcuno nel Pdl ipotizza che il ‘posizionamento’ leghista abbia soprattutto finalità elettorali sulla base al classico schema ‘partito di governo a Roma e movimento di lotta sul territorio’. Per il momento sembra rinviato il Consiglio dei ministri di venerdì dove i lumbard chiederanno certamente un chiarimento politico sulla situazione della maggioranza.