Berlusconi: “Non darò Milano a violenti con la falce e il martello”

Pubblicato il 20 Maggio 2011 - 22:39 OLTRE 6 MESI FA

Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

MILANO – Qualcuno lo dava pronto a defilarsi dalla campagna elettorale, e invece inonda 5 telegiornali nazionali, due reti locali e una radio, scatenando le critiche delle opposizioni. C’era chi giurava che fosse pronto ad abbassare i toni, e al contrario attacca a testa bassa i candidati avversari a suo dire ostaggi della ”sinistra piu’ estrema e violenta” che sventolando ”bandiere rosse con falce e martello” vuole dare le citta’ in mano a islamici e zingari. Insomma, l’unica cosa che cambia nella campagna elettorale di Silvio Berlusconi per i ballottaggi e’ che non ci sono riferimenti (almeno per ora) ai suoi processi, ne’ tantomeno attacchi ai pm milanesi o alla Consulta.

Il premier, preferisce concentrarsi sui problemi delle citta’, ma soprattutto sui rischi di una vittoria della ”sinistra radicale”. Per il resto e’ un Silvio Berlusconi ‘uguale a se stesso’ quello che fra le 18:30 e le 21 ‘occupa’ i tg di mezza Italia per cercare di sovvertire i risultati di Milano e Napoli. Il capoluogo lombardo resta al centro dei suoi pensieri. Evidentemente i sondaggi gli fanno intravvedere quella chance che aveva preteso prima di metterci nuovamente la faccia, pur sapendo che la partita resta tutta in salita. Del resto lo dice lui stesso: ”Penso che a Milano ci sia la possibilita’ di una vittoria”. Anche perche’ ”tanti milanesi come me sono rimasti turbati dalle bandiere rosse con falce e martello” che sventolavano per festeggiare la vittoria di Giuliano Pisapia. Il presidente del Consiglio non lesina stilettate al candidato del centrosinistra. E’ fiancheggiato dalla ”sinistra piu’ estrema, radicale e violenta” e dal ”partito delle manette”. Uno che, aggiunge agitando uno spauracchio tipicamente leghista, trasformera’ Milano in una citta’ ”islamica”, una ”zingaropoli”, una ”Stalingrado d’Italia” in mano ai ”centri sociali”. Ecco perche’, promette, restero’ ”in campo ogni giorno, come cittadino di Milano e leader del Pdl”, pur se – mette le mani avanti – ”compatibilmente” con gli impegni di governo, a cominciare dal G8 in Francia della prossima settimana. Riconosce che a Milano c’e’ stato forse un difetto di comunicazione; ammette che non si aspettava questo risultato determinato dal ”maggior astensionismo dei moderati”, ma – in uno dei pochi passaggi in cui cita Moratti – assicura che ”Letizia e’ determinata”.

Napoli e’ l’altra sua grande preoccupazione. E anche qui’ non mancano affondi al candidato avversario: lo definisce un ”vecchio giustizialista”, senza nessuna esperienza gestionale e ostaggio dei centri sociali. La sua lettura dei dati elettorali e’ consolatoria: il Pdl resta il primo partito d’Italia, mentre il Pd perde 5 punti percentuali e il Terzo Polo conferma la sua ”irrilevanza”, con Fli che non ”esiste” e l’Udc che ottiene risultati ”decenti” solo dove alleata con il centrodestra. Altrettanto rassicurante il messaggio in chiave nazionale, sulla tenuta dell’esecutivo: ”L’alleanza Pdl-Lega e’ l’unica in grado di esprimere governo stabile e credibile. A sinistra predominano gli estremisti e dunque non c’e’ nessuna possibilita’ che esista una maggioranza alternativa alla nostra”. Insomma, aggiunge, ”’non possiamo certo immaginare che un grande Paese occidentale come l’Italia si faccia governare dai Vendola, dai Grillo, dai Di Pietro”.

Quanto al governo, dice, andra’ avanti a fare le riforme. Ne cita due: quella del fisco e quella della giustizia (suo unico riferimento al tema). Non dice nulla, invece, sulla riforma dell’architettura costituzionale, argomento che era al centro dei suoi comizi fino a venerdi’ scorso. Infine, a scanso di equivoci, rassicura: anche in caso di doppia sconfitta non ci saranno ”conseguenze” per l’Esecutivo.