Berlusconi, Minzolini e i pm: stazione di Trani, dove “scendono” giustizia e libertà in dieci passi

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 16 Marzo 2010 - 15:23| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Stazione di Trani, qui si sta “spiaggiando” dopo aver perso ogni orientamento il branco di esauste, confuse e impazzite “balene” italiane: la campagna elettorale, l’informazione politica, la dignità delle istituzioni, il senso del diritto e quello della misura. Alla stazione di Trani “scendono” insieme sia la giustizia che la libertà. Discesa in dieci passi.

Primo passo: può una Procura che indaga su altro, nel caso su una truffa con carte di credito, occuparsi di altra ipotesi di reato che emerga dalle intercettazioni telefoniche? Sì, può. A norma di legge e con il concorso della razionalità. Se indagando su un furto si ascoltano conversazioni relative ad un omicidio, allora si può e si deve aprire un altro fascicolo. Chi, come addirittura il ministro della Giustizia Alfano, timbra con il sospetto delle “ispezioni” questo agire dei giudici, chi, come il capo del governo Berlusconi, proclama che questo è “violare la legge” non conosce la legge o meglio pensa che la legge debba essere applicata a misura e interesse di chi governa, anzi comanda.

Secondo passo: può una Procura che “intercetta” altra ipotesi di reato sorvolare sulla sua sostanziale “incompetenza”, può fare a meno di avvertire altre più “competenti” Procure? Sì, ma solo in astratta teoria. Trani non ha l’obbligo di legge di “spogliarsi” dell’indagine su reati che riguardano l’azione di governo e l’operato delle Authority. Ma sensibilità giuridica, civile e civica avrebbero consigliato che lo facesse. Non farlo ha aperto, spianato la strada alla fuga delle notizie verso i giornali e ha favorito la trasformazione dell’indagine in una rissa politica. Non facendolo, Trani ha usato la legge come uno schermo dietro il quale riparare la propria voglia di protagonismo.

Terzo passo: concussione e violenza ai danni di un “corpo amministrativo”, i reati ipotizzati a carico di Berlusconi e Innocenzi, sono reati giuridicamente credibili e comprovabili nel caso in specie? No, tutt’altro. Basta leggere quanto scrive Carlo Federico Grosso su “La Stampa” per comprendere che ad una realtà politica e sociale “gelatinosa” i magistrati di Trani hanno applicato “gelatinose” ipotesi di reato. Stanno in piedi solide e diritte come appunto gelatina.

Quarto passo: può un capo di governo nominare un suo ex dipendente a Mediaset membro di un organismo di controllo sulle comunicazioni? Può rinfacciargli che non “si guadagna lo stipendio” se non trova il modo di spegnere trasmissioni Rai non gradite al “datore ultimo” di stipendio, cioè al presidente del Consiglio? Può un presidente del Consiglio ingegnarsi, dannarsi e pretendere di decidere chi e come va in onda? Succede, è quel che fa e pure rivendica come suo “diritto” il capo del governo italiano. Succede, quindi può. Ma secondo minima decenza e invalicabile misura non dovrebbe. Infatti nelle democrazie occidentali di fatto non può, la sua carriera politica non sopravviverebbe al disvelamento di questi comportamenti. Anche se non viola nessuna legge penale, anche se il reato giuridico non c’è, risulta violata anzi travolta la legge che vuole in democrazia il potere sempre limitato ed è evidente il reato civile e civico di prepotenza autoritaria.

Quinto passo: può un giornalista direttore di una testata Rai, può un giornalista che si dichiara “indipendente” correre un minuto dopo essere stato interrogato dai magistrati impugnare il telefono e correre a riferire quanto coperto da segreto istruttorio al capo del governo? Può, Minzolini lo ha fatto. Reato minimo, se c’è, contro la legge. Reato massimo e sconfessione piena e plateale della sua asserita indipendenza.

Sesto passo: può un direttore del Tg1 essere preso sul serio quando si difende in un’intervista al Corriere della Sera? Sì, va preso in parola. E quindi quando dice: “Contano i fatti: quelle trasmissioni non sono mai state chiuse” offre un concreto metro di giudizio su quel che accade. “Contano i fatti” e il fatto è che Ballarò, Annozero sono chiuse, qui e adesso. E che i consiglieri di amministrazione Rai nominati dal centro destra e la maggioranza di centro destra della commissione parlamentare chiuse le tengono.

Settimo passo: si può in campagna elettorale cercare e ottenere che la Tv pubblica non parli di politica? Si può, in Italia. Ma in Occidente, solo in Italia.

Ottavo passo: può una Procura che ascolta conversazioni del capo del governo trascriverle e così male custodirle da farle arrivare ai giornali pochi giorni dopo la trascrizione? Si può, in Italia. Ma in Occidente, solo in Italia.

Nono passo: può un capo di governo per reazione incitare i suoi parlamentari a votare di corsa la nuova legge che eliminerà tutte le intercettazioni? Può quel capo di governo “inventare” la ” nostra lista non ammessa a Milano” quando quella lista è stata dai giudici ammessa? Può vendere come “diritto alla privacy” la libertà non di telefonare a chi gli pare ma di ordinargli quel che gli pare? Può, lo fa, ancora una volta solo in Italia.

Decimo e ultimo passo: possono un’opinione pubblica non governativa e un’opposizione politica e anche civile niente altro fare e concepire che il “tifo” ai magistrati nella speranza, peraltro vana, che prima o poi imbrocchino l’accusa, l’incriminazione, il “tiro” giusto che vada in gol decretando “illegale” il governo votato dagli altri, dai più? Possono, è quello che fanno, in un festival dell’autismo civile e politico.

Stazione di Trani: qui è “scesa” la giustizia per dare impropria e indebita mano alla democrazia stanca. E qui è “scesa” la libertà: di informare, di rispettare, perfino di pensare le regole minime di governo e di Stato.