Vertice ristrettissimo ieri, vertice ristretto oggi: Berlusconi studia la linea anti-Fini. Pdl a rischio “sfaldamento”?

Pubblicato il 7 Luglio 2010 - 09:49 OLTRE 6 MESI FA

Silvio Berlusconi

Hanno finito di parlare nella tarda serata di martedì 7 luglio ma ricominceranno attorno alle 12 di mercoledì. Nel governo domina la suspence e tira aria di vertici. Non quelli con le Regioni, però. Con gli arrabbiatissimi Errani & co, infatti, Berlusconi non parla e delega tutto a “mister no” Giulio Tremonti. Il climaa Palazzo Grazioli, è di quelli tesi, da giornata campale. La domanda proibita, quella che nessuno formula, è “stasera ci sarà ancora un unico Pdl?”. Berlusconi è ai ferri corti con Fini. D’accordo, non è una novità. Di nuovo, invece, c’è che tra un vertice e l’altro il Pdl sembra sfaldarsi sempre più. Lo mostra chiaramente Berlusconi che, quando si tratta di decidere, opta per una cerchia ristrettissima di persone, tenendo fuori dal giro anche alcuni “fedelissimi”.

Attorno alle 12, a palazzo Grazioli, il presidente del Consiglio tornerà ad incontrare i vertici del Pdl mettendo sul tavolo tutti gli argomenti causa di frizioni con Gianfranco Fini per trovare una linea comune contro l’ex leader di An. Ieri sera, però, al vertice non c’erano gli ex An ora fedelissimi del premier Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri che, invece, saranno presenti oggi. Restano fuori da palazzo Grazioli i “finiani”: Berlusconi meno li vede e meglio si sente perché gli argomenti che gli causano mal di pancia sono davvero tanti, dalle intercettazioni al lodo Alfano, passando per la controversa fiducia con cui il Governo si prepara a “blindare” la manovra.

Qualche perplessità, in ogni caso, il vertice di martedì la lascia. Col presidente del Consiglio c’erano solo i fedelissimi Denis Verdini, Sandro Bondi, Fabrizio Cicchitto, Angelino Alfano, Gaetano Quagliariello e Niccolò Ghedini. In pratica il gruppo ristretto di cui Berlusconi si fida totalmente, senza ex An, finiani o berluscones che siano. Gli esclusi, però, smorzano i toni ed evitano polemiche. La Russa ha tenuto a precisare che “non c’è nessun giallo e nessuna esclusione”. Secondo il ministro, infatti, “era una riunione informale degli ex Forza Italia, mi avevano invitato ma io ho preferito lasciarli soli”. Quanto a Gasparri è sempre La Russa a trovare una spiegazione: “Dovevo avvisarlo io, me ne sono dimenticato”.

Dai vertici esce l’immagine di un Berlusconi sempre più stizzito contro le correnti. Il premier non vuole un Pdl complesso come la vecchia Democrazia Cristiana ma un blocco granitico sotto la sua guida. Di conseguenza, oltre ai moniti ai finiani, dal premier trasuda malumore anche nei confronti di “Liberamente”, corrente neonata e benedetta dai ministri Frattini e Gelmini.  I due smentiscono ogni frizione e ribadiscono che la loro è solo una fondazione. Che, però, non piace ad Alfano e Schifani. E Berlusconi? L’adagio è sempre lo stesso: non si muove foglia che il premier non voglia.

Ai finiani, su cui sembra incombere un nuovo ultimatum, i vertici esclusivi di palazzo Grazioli non piacciono affatto. Lo ha detto in modo che più chiaro non si può, parlando al quotidiano La Repubblica, Carmelo Briguglio: ”Convocare una corrente col sigillo del capo per attaccare altre correnti significa alimentare una frattura. Si e’ trattato di un errore politico”. Secondo il finiano, ”questo modo di procedere non e’ da grande partito democratico occidentale. I capi dovrebbero parlare con i capi. Fosse pure l’ultimo faccia a faccia, ma si vedano, Berlusconi e Fini. Un decisivo confronto finale, per ricostruire l’unita’ o per separarsi consensualmente”.

La prima soluzione, aggiunge, ”obiettivamente la vedo monto difficile”. Il parlamentare nota ”un serpeggiante, crescente nervosismo appuntato sui numeri dei finiani. Ma perche’, se siamo cosi’ pochi come dicono, c’e’ tanto nervosismo?”. Su Brancher, rivendica, ”avevamo ragione e si e’ visto. Anche sul ddl intercettazioni sara’ seguita la strada indicata sul piano politico dal presidente della Camera e su quello istituzionale dal Capo dello Stato. Una pausa di riflessione con rinvio a settembre – prosegue Briguglio – consentirebbe di rinfrescarsi le idee. Se insistono si puo’ pure chiudere alla Camera prima della pausa”, ma ”a patto che si facciano le modifiche che abbiamo proposto”.