Perché Berlusconi non vuole parlare? Per 850 mila buone ragioni

Pubblicato il 13 Settembre 2011 - 21:07 OLTRE 6 MESI FA

NAPOLI – Il fatto evidente è che Silvio Berlusconi, da i pm di Napoli che indagano sul presunto ricatto di Giampaolo Tarantini, non ci vuole andare.  E non ci vuole andare per tanti motivi, almeno 850 mila. Ovvero gli euro che secondo l’accusa il presidente del Consiglio ricattato avrebbe versato nelle tasche di Tarantini, di sua moglie Nicla Devenuto, e del direttore dell’Avanti Valter Lavitola.

Martedì tutto è andato più o meno secondo copione: Berlusconi è andato a Strasburgo e i pm napoletani, che per parlare con Berlusconi erano pronti alla “trasferta” a Palazzo Grazioli, si sono visti recapitare dai legali del premier una memoria difensiva. Altro non era, almeno per gli investigatori, che un tentativo di evitare il faccia a faccia.

E quindi, dalle parti di Napoli, hanno mostrato il muso duro: elenco di date per presentarsi (entro domenica) oppure si rivolgeranno alle Camere. Il tutto ventilando addirittura lo scenario dell’accompagnamento coatto. Curioso per uno che, almeno in teoria, dall’accertamento del reato avrebbe tutto da guadagnare.

Ed è proprio qui il punto. Berlusconi non nega i versamenti. Anzi. La sua versione dei fatti, detta, ripetuta e ora messa anche per iscritto è semplicemente quella di aver aiutato una “famiglia in difficoltà”. E’ la versione che, in caso di interrogatorio, Berlusconi non potrebbe non ripetere.

Nessuno afferma che non sia la verità, ci mancherebbe. Certo che 850 mila euro di aiuti non possono che aprire qualche domanda. Anche perché, quando a gennaio 2011, la signora Maria Rosaria D’Angelo da pianura, trentaseienne vedova con tre figli a carico chiese aiuto per lettera a Berlusconi, si sentì dire (sempre per via epistolare) che il presidente “non tratta casi individuali”. Lo scrisse, pubblicando la lettera di risposta, Il Fatto Quotidiano. La regola, evidentemente, non vale per i coniugi Tarantini.

Berlusconi, piuttosto, sembra volersi cavare d’impaccio evitando un faccia a faccia che, prima o poi, inevitabilmente finirebbe per ricadere sull’argomento escort. Da qui il memoriale: scrive lui (o meglio i suoi avvocati) e può permettersi di ignorare la questione. Il “dettaglio” non è sfuggito al Procuratore di Napoli Giandomenico Lepore che, anche oggi, ha ribadito la necessità del confronto faccia a faccia, quello che un memoriale non può sostituire.

Berlusconi, secondo la procura, si deve rassegnare a sedersi al tavolo e guardare negli occhi due della “razza antropologicamente diversa”.  Marco Travaglio, sul Fatto Quotidiano, ha ironizzato a modo suo sulla questione, parlando del rischio che Berlusconi entri nel colloquio come parte offesa e ne esca come imputato per falsa testimonianza. Forzatura, ovviamente. Eppure, giova ricordarlo, mentire ai pm non si può. Neppure se si è semplicemente “parte offesa”.