L’asse Berlusconi-Lega che spaventa il Governo, “uniti sul federalismo”

Pubblicato il 29 Giugno 2012 - 09:48 OLTRE 6 MESI FA

Lapresse

ROMA – Un ritorno della coalizione tra Pdl e Lega. Ciò che fino a poco fa sembrava impensabile, specie per il modo in cui si erano lasciati, è d’un tratto divenuto realtà. Complice il voto sul Senato Federale. “Ma siamo sicuri che quel voto al Senato riguardi soltanto le riforme costituzionali?”. Preso dall’urgenza del Consiglio europeo, prima di partire per Bruxelles, Mario Monti si è chiesto quale potesse essere il vero significato della sorprendente rinascita dell’asse del Nord. Quel voto a palazzo Madama sul Senato Federale, 153 sì contro 136 no, ha fatto resuscitare per un giorno la vecchia maggioranza berlusconiana, Pdl più Lega. E a palazzo Chigi e al Quirinale hanno subito alzato le antenne.

Come spiega il capogruppo Udc Gianpiero D’Alia, “i primi a sapere che quella roba non andrà da nessuna parte sono loro. L’unica riforma costituzionale praticabile è quella nata dall’intesa “ABC”, il resto è propaganda”. Come scrive Francesco Bei per Repubblica, è questo l’indizio numero uno che ha fatto scattare l’allarme di Monti e Napolitano: perché Berlusconi e Bossi riscoprono ora l’asse del Nord se il voto sarà solo nell’aprile del 2013? Tanto più che non c’è nemmeno la più remota possibilità che siano approvati né il Senato federale né l’elezione diretta del capo dello Stato.

Scrive Bei: Se è vero dunque che solo in una logica elettorale ha senso questa riedizione del vecchio centrodestra, il premier ha fondate ragioni di temere qualche colpo di testa che possa portare a un voto anticipato. Anche perché, con quei numeri, è chiaro che a palazzo Madama la maggioranza berlusconiana può fare catenaccio e bloccare tutto. Un incubo per Monti, visto che, da qui alla pausa estiva, il calendario concordato dai capigruppo prevede la conversione di 13 decreti legge. Oltre all’approvazione del Fiscal Compact e della spending review, capisaldi del programma europeo di Monti.

“L’accordo con la Lega sulle riforme costituzionali – sospetta un esponente del governo – è solo la parte emersa dell’iceberg. A noi preoccupa quello che sta sotto. Se l’accordo con Bossi è più ampio e riguarda le prossime elezioni, allora il prezzo da pagare per Berlusconi potrebbe essere la crisi di governo”. Pier Ferdinando Casini ha spiegato al presidente del Ppe, Wilfried Martens, quanto sia precario l’equilibrio politico in Italia. Preoccupazioni che Martens ha poi girato a Berlusconi, incontrandolo dopo Casini a Bruxelles per il meeting dei popolari europei.