Berlusconi: “senso vergogna e voglia di dimettermi”

Pubblicato il 18 Novembre 2009 - 11:42 OLTRE 6 MESI FA

Silvio Berlusconi

Stanco, isolato e indignato al punto da pensare alle dimissioni. Si è definito così il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi dopo il pranzo a palazzo Chigi con il primo ministro turco Erdogan.

Un pranzo andato di traverso a Berlusconi a causa dei “rumori molesti”, le contestazioni, ben udibili, che arrivavano dalla strada sottostante. A guidare la protesta, megafono alla mano, c’era il grande nemico del premier, quell’Antonio Di Pietro che, secondo Berlusconi, «mette quotidianamente alla berlina l’immagine del presidente del Consiglio».

Ha provato «vergogna», il presidente del Consiglio e, soprattutto è stato assalito da una prepotente «voglia di dimettersi».  Un desiderio curioso, proprio perchè segue a stretto giro di posta il richiamo alla compattezza della maggioranza fatto il 17 novembre dal presidente del Senato Renato Schifani. Insomma, le elezioni anticipate, quelle che Gianfranco Fini ha dipinto come un «fallimento per il Pdl» continuano a fare capolino nelle dichiarazioni dei leader del centrodestra.

Pensare che Berlusconi pensi di dimettersi per una contestazione di Di Pietro è quantomeno inverosimile: la posta in gioco è evidentemente altra e più alta: lo “scudo giuridico” a tutela del presidente del Consiglio. Sul processo breve Berlusconi ha fretta ed è pronto a giocare tutte le sue carte, ma molti dei suoi alleati, Fini in testa, restano tiepidi. Fino ad ora il premier  ha scelto il silenzio e il profilo basso: pochissime dichiarazioni e colloqui affidati a Letta.

Di certo, però, Berlusconi sapeva cosa avrebbe detto Schifani sulle elezioni anticipate. E si tratta di parole che il presidente dell’altro ramo del Parlamento non può non aver interpretato come una sfida. Secondo quanto scritto da Francesco Verderami sul Corriere della Sera, Fini, sulle elezioni anticipate avrebbe fatto capire, in modo inequivocabile, di non essere pronto a nessun compromesso: «Se non vuole le elezioni si può aggiustare tutto, altrimenti si sfascia tutto».

Altro silenzio che colpisce, poi, è quello della Lega: Bossi tace, Maroni dribbla e preferisce parlare di riforme. A farla da padrone, per ora, è il clima di assoluta incertezza.