Berlusconi e Tremonti divisi su tutto, litigano anche davanti a Napolitano

Pubblicato il 12 Agosto 2011 - 09:04 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Non si fidano l’uno dell’altro, non si sopportano più, litigano come due coniugi esacerbati. Berlusconi e Tremonti sono arrivati a discutere platealmente addirittura al Quirinale davanti al Capo dello Stato, precipitatosi a Roma per seguire le sorti del famigerato decreto anti-crisi interrompendo le vacanze a Stromboli. Convitato di pietra il solito Gianni Letta. Lo studio al Colle trasformato nel set di Uomini e Donne di Maria De Filippi con il vanitoso “tronista” insolentito dalla ex morosa irascibile. Il fatto è che, debolissimi entrambi, sono costretti a sostenersi reciprocamente. A meno che non sia vera la convinzione del premier secondo cui il ministro “punta a sfasciare tutto”. Nessuna smentita in ogni caso è arrivata sul clima burrascoso al Quirinale: dal Giornale alla Repubblica sulla circostanza non c’è nemmeno la cautela riservata ai retroscena.

Il punto di maggior frizione tra Berlusconi e Tremonti è ovviamente su come trovare rapidamente il grosso della cifra destinata a entrare nel decreto che anticipa il pareggio di bilancio. Tremonti vorrebbe ripristinare subito l’Ici sulla prima casa accorpandola con l’Imu (la tassa sui rifiuti). Berlusconi al solo sentir parlare di prima casa gli viene l’orticaria: pensa invece ad aumentare di un punto percentuale l’Iva. Irricevibile, ragiona Tremonti, così si penalizza la crescita, si deprimono i consumi, si fa salire l’inflazione. Niente da fare. Alla fine, a dispetto dell’urgenza del provvedimento, il colloquio alla presenza di Napolitano, resta interlocutorio. Tuttavia, nella riunione successiva della maggioranza l’aumento dell’Iva non passa.

Il risentimento del premier nei confronti del ministro non si esaurisce nella scelta dei provvedimenti. Il discorso di Tremonti è riuscito a scontentare tutti (4 esponenti del Pdl annunciano che non la voteranno): Bossi ha visto solo fumo, niente arrosto. Ma è sul comportamento del ministro durante l’audizione alla Camera che si appuntano i maggiori sospetti del premier. Ha irriso ogni intervento dell’opposizione, ha negato che alla maggioranza occorra aiuto. Distruggendo con poche battute la fragile impalcatura diplomatica concordata con il Quirinale: unità d’intenti, ascolto di ogni voce assennata. Invece la strafottenza con cui ha liquidato anche un Casini, per il premier è il segnale che Tremonti coltiva un disegno alternativo: elezioni anticipate o cambio di governo in corsa.