Berlusconi riesuma il “vertice”, liturgia antica di democristiana memoria, per salvare il Governo

di Dini Casali
Pubblicato il 20 Agosto 2010 - 12:27 OLTRE 6 MESI FA

“Il vertice è una liturgia inutile che serve a farci fuori”: sull’esito dell’incontro non ci pronunciamo, ma il dissidente onorevole Bocchino non sbaglia sul termine. Il termine “vertice” per definire l’incontro a Palazzo Grazioli convocato da Berlusconi con i big del Pdl fa terribilmente Prima Repubblica. Era un vecchio rito che i democristiani di allora officiavano con sistematica regolarità. E, d’altra parte, la dimora romana del premier è così prossima a Piazza del Gesù che qualche cronista parlamentare non di primo pelo, avrà avuto un tuffo al cuore per gli anni trascorsi.

Il ct Berlusconi ha diramato le convocazioni, non è contento di dover affrontare un pubblico dissenso tra i suoi, ma si fa trovare carico e motivato all’appuntamento. Il calore di un bagno di folla lo attende rincuorandolo per aver dovuto lasciare gli affetti familiari in Costa Smeralda. Ad uno spagnolo che gli ha stretto la mano, ha detto scherzando: ”Estamos a la cabeza del mundo”, una libera traduzione di ”Roma caput mundi”.

Il premier è parso in grande forma: ”Quanto durera’ l’incontro? Con i politici non si sa mai” ha risposto con una battuta ai giornalisti, rimarcando la sua estraneità a certi giochetti dialettici interni al potere e incomprensibili per gli elettori.

Tra i convocati, il più solerte è Niccolò Ghedini, di fatto l’uomo che ha più voce in capitolo sui temi della giustizia nel Pdl, dalle grandi riforme della magistratura fino alle minime pendenze giudiziarie del premier. La presenza delll’avvocato tuttofare non è difficile da spiegare, e Bocchino è il primo a saperlo. E’ lui il maggiore indiziato per cercare lo stratagemma più efficace per mettere alle corde i finiani, per costringerli cioè a non votare la fiducia al governo e intestargli così la responsabilità della crisi consegente. Dei quattro punti, o cinque non si è capito bene, su cui Berlusconi vuole vincolare i deputati della maggioranza, pena la fine della legislatura, quello della legalità è  il più importante. Fini ci ha costruito sopra la sua identità distinta dal capo: ha annunciato che avrebbe votato solo i punti del programma elettorale, il premier può scordarsi altre leggi ad personam, tipo processo breve, immunità assortite e altre finezze legislative.

Il capogruppo alla Camera Cicchitto ha le idee chiare su cosa è lecito aspettarsi dal vertice. Uscirà una proposta definitiva su cui il partito dovrà mostrarsi compatto: se non verrà accettata si ricorre alle urne. Si vedrà, intanto tra i finiani si fa strada una convinzione che poggia sull’esperienza. Votare sì comunque alla fiducia al governo, per aggirare la minaccia berlusconiana, poi guerriglia tra i banchi e nelle commissioni durante l’iter parlamentare, per i provvedimenti che non gradiscono. L’affossamento della legge sulle intercettazioni insegna. In puro spirito democristiano.