Berlusconi gongola: “E’ la mia vittoria”. Ma il Pdl perde voti

Pubblicato il 30 Marzo 2010 - 08:26 OLTRE 6 MESI FA

Silvio Berlusconi

Il centrodestra vince in sei Regioni, ne strappa quattro al centrosinistra e tiene agevolmente Lombardia e Veneto. Un risultato che riempe di soddisfazione il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Il premier è rimasto in silenzio fino alla tarda serata di lunedì 29 marzo quando la vittoria di Renata Polverini nel Lazio gli ha dato la certezza di un risultato più che soddisfacente. Quindi, dopo il diluvio di apparizioni televisive di questi ultimi giorni, si è accontentato di poche dichiarazioni: “Sono sceso in campo e questa è la mia vittoria”.

Per Berlusconi più che una vera e propria vittoria è uno scampato pericolo. C’era la minaccia dell’astensionismo che, a conti fatti, si è distribuito in modo omogeneo sugli schieramenti. Non c’è stato, quindi, il paventato effetto Sarkozy ed il governo, tutto sommato, ha tenuto. C’era la minaccia Lega e qui il discorso è più complesso. Umberto Bossi e i suoi hanno ottenuto le candidature in Piemonte e Veneto e hanno vinto entrambe le regioni. Il Senatur, per ora, gioca all’alleato fedele ma con le camicie verdi non si sa mai fino in fondo. Il sorpasso c’è stato, eccome, in Veneto dove la Lega ha stracciato il Pdl. Ma il partito di maggioranza relativa ha tenuto in Lombardia. Il ministro della Difesa Ignazio La Russa che in caso di sorpasso totale aveva promesso di mangiare un asino vivo, tira un sospiro di sollievo. L’asino è persino più sollevato del ministro.

Ma il dato politico che rimane è quello di un forte avanzamento della Lega mentre il Pdl, rispetto a politiche ed europee segna una battuta d’arresto. Berluscuni minimizza e spiega che  “la Lega è un alleato fedele, come se fosse il mio partito, con Bossi ci metteremo d’accordo su tutto”. Ma un po’ di inquietudine, nel lungo periodo, per il premier rimane. Anche perchè la Lega ha i numeri per accelerare sulle sue richieste, federalismo fiscale in primis.

Diverso il discorso con Gianfranco Fini. Berlusconi può portare davanti al presidente della Camera dei risultati soddisfacenti ma Fini ha già iniziato a chiedere conto dell’egemonia verde al nord: “Siamo apparsi troppo succubi a Bossi, anche culturalmente. Questo risultato, largamente prevedibile, ne è la riprova” ha spiegato a caldo il presidente della Camera.  L’assetto tra ex forzisti ed ex di An, quindi,  è ancora da definire in modo chiaro ma la leadership del Cavaliere non può ancora essere oggetto di discussione. E il premier, sui rapporti con Fini, si è lasciato andare ad un commento lapidario: “Ora basta. Stop a chi rema contro, voglio un partito unito, finiamola con i distinguo”.

La vittoria, però, non impedisce al premier di analizzare i dati, deludenti, del Pdl che si attesta attorno ad un “modesto” 26%,  pochi decimi di punto  più del Pd di Pier Luigi Bersani: “Adesso, con calma, dobbiamo riflettere su cosa cambiare, su quello che non ha funzionato” ha detto Berlusconi ai suoi. Un commento che poco si amalgama con le dichiarazioni trionfalistiche sulle Regioni strappate alla sinistra. Ma al premier premeva soprattutto l’ennesimo “referendum personale”: Berlusconi ha monopolizzato l’ultima settimana di campagna elettorale lasciando ai compagni di partito solo le briciole. Ora, forte dei risultati, può pianificare con calma l’assalto alla Giustizia sapendo di avere davanti tre anni di tempo. Proprio per questo il presidente del Consiglio lancia timide aperture di collaborazione ha quella parte dell’opposizione pronta a “mollare” Di Pietro. Ma forse è davvero chiedere troppo.