Governo a conservazione breve: un voto di maggioranza, arriva a Natale?

Pubblicato il 14 Ottobre 2011 - 14:26 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – La maggioranza c’è, il Governo ha ottenuto la fiducia, Berlusconi resta in sella. 316 hanno votato sì contro i 301 dell’opposizione. Grazie anche al contributo decisivo dei 5 radicali che portando il numero di iscritti al voto a 319 ha garantito il numero legale alla prima chiama: a quota 314 il Governo sarebbe andata a casa senza nemmeno giocare la partita. “L’importante è vincere” aveva tagliato corto Berlusconi entrando a Montecitorio e rinviando lo spettacolo e il bel gioco a un’altra occasione. E comunque per Napolitano, aveva aggiunto Berlusconi, non cambiava nulla. Catenaccio doveva essere e catenaccio è stato. Che il voto rappresenti anche un fattore di stabilità e un messaggio di credibilità, questo è tutto da verificare. Il discorso del Presidente del Consiglio in Aula aveva coinciso con un nuovo tonfo in Borsa e lo spread sui titoli italiani aveva ricominciato a correre. Anche in merito alle “risposte credibili” richieste dal Capo delllo Stato, il doppio passaggio parlamentare (discorso e voto) si è rivelato interlocutorio, per non dire evasivo: sulla tenuta della maggioranza e sulla piena operatività del Governo occorrerà attendere ancora.

Ma a quale governo è stata accordata la fiducia? Nell’Aula disertata fino alla seconda chiama dall’opposizione, faceva un certo effetto l’ingresso di Claudio Scajola, accolto con applausi scroscianti al punto da dubitare su chi fosse il premier. Il ministro Prestigiacomo ha già annunciato che il taglio all’Ambiente del 90% non lo voterà mai. E la quota dei ministri “indignati” con il ministro dell’Economia è in costante aumento. Cicchitto ha impiegato parte dello spazio concessogli dalla tribuna di capogruppo Pdl per mettere in guardia il suo ministro dell’Economia: il decreto sviluppo non sarà a costo zero, il rigore è un “ritornello stanco”, le decisioni saranno collegiali. D’altra parte Scajola, accreditato come il sospettato principe per lo sgambetto al Cavaliere, ha votato la fiducia come promesso ma a condizione che si apra una nuova fase.

I prossimi appuntamenti parlamentari saranno un percorso di guerra, ogni voto un agguato potenziale, ogni deputato un congiurato in sonno. Ovviamente le ragioni del catenaccio ci sono e si iscrivono in una cornice di alta strategia politica che Berlusconi non ha fatto che ripetere agli incerti e ai dubbiosi: “Caduto io ci sarà un governo di tregua che durerebbe al massimo tre mesi: dunque chi ve lo fa fare di pugnalarmi per poi andare a casa in un amen?”. Pregiudicando, va da sé, ogni speranza di essere rieletti.

La Lega, nonostante sul territorio i militanti non ne possano più di Berlusconi, si tiene stretto alla “cadrega” del premier. In Aula Reguzzoni, ha rivendicato il ruolo centrale della Lega, “vero motore per il cambiamento”. A riprova ha elencato gli indispensabili correttivi alla manovra economica per favorire il rilancio: part-time per le donne e aiuti alle piccole imprese. Un po’ poco, ma almeno qualcosa rispetto al niente esposto da Berlusconi ieri.

I Repubblicani di Nucara hanno votato la fiducia, nonostante la “riconosciuta incapacità” di alcuni membri del Governo. E per non fare nomi ha ingiunto all’esecutivo di nominare Saccomanni alla Banca d’Italia. Scilipoti, dopo la defezione di ieri, ha votato sì con convinzione, stavolta era stato avvertito della gravità del momento. Santo Versace ha votato no alla fiducia, ma ha già traslocato dal Pdl al Gruppo misto. Comunque il tour de force di Denis Verdini ha funzionato: si è preso cura di ogni singolo onorevole, in una gara contro il tempo per rassicurare, convincere, promettere, minacciare ognuno. Non c’è riuscito con qualche “malpancista” irriducibile, come gli scajolani Giustina Destro e Fabio Gava. Con il responsabile Sardelli che più volte veniva convocato dal premier e più volte ribadiva che non la maggioranza non esisteva più. Con Calogero Mannino dell’Mpa (Raffaele Lombardo).