Pd, Pdl, poteri “deboli” con Monti. Bersani: “Primarie”, Alfano con Berlusconi

di Warsamè Dini Casali
Pubblicato il 8 Giugno 2012 - 13:14 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – No, non è dai partiti che arriva la minaccia più grave per il Governo Monti in difficoltà. Non sono certo loro i “poteri forti” evocati dal presidente del Consiglio. Più deboli di così non si può. In piena ristrutturazione per far fronte alla crisi dei consensi, plasticamente certificata dal termometro Grillo (al 20% nei sondaggi), Bersani e e Alfano cercano il rilancio. Direzione Nazionale del Pd, Ufficio di Presidenza del Pdl: i due appuntamenti concomitanti convocati oggi fanno un po’ di chiarezza.

Bersani ha confermato il patto con i moderati dell’Udc, ha ribadito che ci saranno le primarie  e lui si candiderà in prima persona, ha rassicurato l’ala sinistra (Idv e Sel) specificando primarie aperte di coalizione, ha stoppato le fughe in avanti (elezioni a ottobre), ha detto un no secco al presidenzialismo ma ha lasciato porte aperte a un accordo con il Pdl per un semipresidenzialismo temperato (doppio turno e collegi). Da un cantiere a cielo aperto all’altro. A margine dell’intervento di Bersani, ma non troppo, è un fior di notizia che Massimo D’Alema ha annunciato di non ricandidarsi e avverte, “c’è una parte dei poteri forti che gioca allo sfascio”.

Nel Pdl il rischio implosione era ancora più urgente: con Berlusconi dentro di alleanze non si può parlare (l’Udc non ci sta categoricamente), senza Berlusconi, o ridimensionato sul serio, il partito non ha appeal. Anche Monti si era detto preoccupato, non ho interlocutori nel Pdl, non so con chi parlare. Il segretario Alfano deve far miracoli per impedire che i malumori della classe dirigente, messa in mora in blocco dall’ex premier, si trasformino in un tutti contro tutti finale.

Lo “spacchettamento” del Pdl in caduta libera immaginato da Berlusconi, sette liste ostili di donne che bucano lo schermo, giovani, rivoluzionari, animalisti, ex An, ex Forza Italia… affidate a Bertolaso, Sgarbi, Santanchè ecc… ha messo sul chi va là i “senatori”, prima che qualcuno li faccia fuori un partito se lo fanno da soli. Alfano, nell’Ufficio di Presidenza ha ricompattato il partito ribadendo la centralità di Berlusconi e ottenendo da lui uno stop alle voci che lo contrapponevano all’intero ceto dirigente. Con il centrosinistra in vantaggio nei sondaggi, ritirare il sostegno al Governo significherebbe regalare una vittoria certa all’avversario. Nonostante quel sostegno, è l’analisi Pdl, sia il primo fattore di sfiducia dei suoi elettori (il 56% non va a votare).

In concreto, riguardo all’azione di Governo, Bersani ha assicurato che non indicherà nessuno per le nomine del Cda Rai, incalzando Monti a non farsi irretire dalle pretese del Pdl. Ma, intanto, deve scontare quella che viene considerata un’occasione persa, e cioè l’accordo, lottizzato ovviamente, sull’Agcom. Ennesima figuraccia dei partiti che, come ricordava Pierluigi Battista sul Corriere della Sera come in 1984 di Orwell cambiano il significato delle parole, per cui  lì “guerra” vuol dire “pace”, qui autorità indipendente significa appannaggio dei partiti.

Il Pdl continua mettere i bastoni tra le ruote del Governo per licenziare la legge sulla corruzione: alla fine, è la tesi prevalente, Monti sarà costretto a mettere la fiducia sul tormentato testo dal quale, qualche manina lavora per consegnare a Berlusconi qualche arma in più al processo Ruby (l’abolizione del reato di concussione). L’impressione è che l’opera di maquillage, di ristrutturazione della faccia con cui presentarsi alle elezioni sia appena all’inizio. Alfano promette di scandagliare a fondo il paese, città per città, per cercare i candidati giusti, giovani, presentabili. Bersani si tiene stretto Casini ma sul comodino la foto di Vasto l’ha solo girata dalla parte del muro, non l’ha certo stracciata. C’è grande confusione sotto il cielo, ma la situazione non è affatto eccellente.