ROMA – Pier Luigi Bersani ha raccolto il consenso dei suoi per il piano A, gli 8 punti da presentare in Parlamento. Ma in tasca ha già un piano B: un’operazione dall’esito piuttosto incerto con cui attrarre le simpatie dei cinque stelle e schivare così un governo del Presidente Napolitano. A rivelare i retroscena sono Maria Teresa Meli sul Corriere della Sera e Antonello Caporale sul Fatto Quotidiano. Se si mettono insieme rumors e prospettive ne esce fuori uno schema del genere: primo compito è scovare quali nomi tra gli intellettuali che compongono il firmamento italiano, potrebbero piacere ai pentastellati da inserire nella sua squadra di governo. Scrive Maria Teresa Meli che Bersani ha già chiesto consultazioni al costituzionalista, papà della privacy, Stefano Rodotà e al leader di Giustizia e Libertà, Gustavo Zagrebelsky, molto graditi al popolo grillino.
Un elenco, scrive Caporale sul Fatto, lo fa anche Ettore Maria Colombo nella sua recente biografia del segretario:
A cominciare da quelli dei fedelissimi Maurizio Migliavacca e Vasco Errani per la “macchina” di Palazzo Chigi. Poi Nichi Vendola alla Cultura, Enrico Letta allo Sviluppo Economico, Anna Finocchiaro, Piero Grasso alla Giustizia, persino il centrista Tabacci e il socialista Nencini.
E ancora:
Ci sono Aris Accornero e Alberto Asor Rosa, Carlo Dell’Aringa e Mi-chela Marzano. Quest’ultima, nota filosofa in quota Repubblica, viene indicata come un nome quasi sicuro della squadra che Bersani offrirà alla fiducia parlamentare, se mai Napolitano lo manderà in Parlamento.
E poi c’è il tecnico Fabrizio Barca, un arma a doppio taglio, insinua Caporale, “sia per il suo presunto gradimento al M5S (governo filogrillino non a guida Bersani), sia per i suoi storici rapporti con Napolitano (governo del Presidente)”.
Resta l’ingognita all’Economia, forse il dg di Bankitalia Fabrizio Saccomanni. Ma la domanda che si pone il Fatto Quotidiano è cosa farà Giorgio Napolitano?
Domanda: il capo dello Stato può ridurre l’intensità di questo mandato? L’Unità ha anticipato la risposta facendo scrivere a Marco Olivetti, ordinario di diritto costituzionale a Foggia, una breve analisi intitolata “Poteri del presidente e primo governo di legislatura”. Il capo dello Stato deve dare l’incarico alla personalità che più di ogni altra ha la possibilità di ottenere la maggioranza più larga in Parlamento. Avendo blindato il Pd, che ha la maggioranza assoluta alla Camera e quella relativa al Senato, sul nome di Bersani, Napolitano non potrebbe discostarsene
E allora il piano B di Bersani, lo descrive bene il Fatto Quotidiano, è precisamente questo:
attenderebbe da Palazzo Chigi l’arrivo del nuovo presidente della Repubblica. Lo attenderebbe con fatti, proposte, disegni di legge: un modo per stabilire sul programma un filo di minimo consenso con il Movimento Cinque Stelle. E avrebbe tempo per costruire anche insieme ai grillini la proposta del successore di Napolitano. Se gli riuscisse sarebbe un capolavoro tattico e quella sfiducia annunciata al primo tentativo si potrebbe rivelare possibile al secondo. In caso contrario il nuovo inquilino del Quirinale dovrebbe prendere atto dell’impossibilità di formare un governo e mandare tutti alle urne. Bersani concluderebbe il suo compito e manderebbe al voto un partito almeno formalmente unito, che ha fatto di tutto per scongiurare le elezioni e si è arreso solo quando la realtà non ammetteva fraintendimenti.
I commenti sono chiusi.