Bologna, Delbono indagato anche per lo stipendio di Cinzia Cracchi

Pubblicato il 29 Aprile 2010 - 20:57 OLTRE 6 MESI FA

Flavio Delbono

Per lo stipendio al Cup 2000 di Cinzia Cracchi, ex segretaria e ex compagna di Flavio Delbono, é finito sul registro degli indagati per abuso di ufficio Gaudenzio Garavini, allora capo del personale della regione Emilia-Romagna, poi diventato direttore generale del Comune, quando Delbono è stato eletto sindaco.

Ma il Pm di Bologna Morena Plazzi ha iscritto per questa vicenda anche il nome dello stesso ex primo cittadino per concorso esterno in abuso d’ufficio: una nuova ipotesi di accusa che si aggiunge alle precedenti. Per lo stipendio di Cinzia era già indagata una funzionaria della Regione Emilia-Romagna.

Le nuove iscrizioni sono nel filone relativo al “premio di produzione” di cui ha fruito la Cracchi (che con le sue rivelazioni ha poi costretto Delbono alle dimissioni da sindaco), da quando tecnicamente il suo distacco al Cup 2000 era divenuto comando. La funzionaria firmò il comando con lo stesso stipendio nell’aprile 2009.

L’abuso di ufficio, secondo l’ipotesi del Pm, si sarebbe concretizzato violando la legge regionale che prevede quel trattamento economico solo per determinate mansioni.

La Cracchi, che lavorava come dipendente comunale, venne chiamata da Delbono, quando diventò vicepresidente dell’Emilia- Romagna, a far parte della sua segreteria. Oltre allo stipendio di dipendente regionale ebbe il cosiddetto “emolumento unico”, una maggiorazione di 1.161 euro lordi al mese, spettante a chi faceva parte della segreteria.

Poi ci fu la rottura con Delbono e Cracchi venne distaccata al Cup, con lo stesso stipendio. Quando Delbono nel febbraio 2009 si candidò a sindaco di Bologna e si dimise dalla Regione venne sciolta la segreteria del vicepresidente, quindi non c’era più l’emolumento unico. E’ in quel periodo che la Cracchi minacciò una causa per mobbing. Poi, però, rinunciò all’azione legale e rimase al Cup con lo stesso stipendio, visto che la voce dell’emolumento unico diventò indennità di produttività e continuarono ad arrivarle i 1.161 euro lordi, circa 800 netti.

La Cracchi è rimasta al Cup fino ad inizio aprile (poi è passata all’Istituto beni culturali regionale) e fino ad allora lo stipendio è stato anticipato dalla Regione. Trattandosi di denaro pubblico il pm aveva ritenuto la questione meritevole di un approfondimento.

Mauro Moruzzi, direttore generale del Cup, in uno degli interrogatori condotti dell’inchiesta, aveva riferito di essere stato chiamato per telefono una domenica dell’aprile 2009 da Garavini.

“Tutto a posto – avrebbe spiegato Garavini e Moruzzi nella telefonata – la Cracchi ha accettato, resterà al Cup con l’indennità di produttività”. Garavini, però, in un primo interrogatorio come teste davanti al Pm Plazzi aveva detto di non ricordare la telefonata. Il magistrato aveva fatto presente che dai tabulati poteva essere tutto ricostruito. Dopo qualche giorno Garavini, spontaneamente, si presentò di nuovo dal Pm, e disse di aver ricordato la telefonata, ma sostenendo di aver solo detto a Moruzzi che dall’indomani la Cracchi sarebbe tornata in Regione.

Solo il lunedì mattina, in Regione, avrebbe appreso che invece la Cracchi era rimasta al Cup. Il provvedimento relativo all’ex compagna di Delbono non venne effettivamente firmato da Garavini ma dalla funzionaria del suo ufficio, poi indagata. Garavini aveva anche ricordato che poco prima della telefonata con Moruzzi lo aveva chiamato Delbono, ma solo per sapere cosa faceva la Cracchi. E la Cracchi allora aveva già parlato al Pm di un incontro con Delbono in quel periodo, un venerdì sera (quello precedente alla domenica delle telefonate) in cui si sarebbe parlato della sua questione lavorativa. Probabilmente sulle iscrizioni nel registro degli indagati hanno pesato anche i tabulati telefonici.

Il primo filone d’inchiesta sul Delbono è stato chiuso qualche settimana fa con avvisi di fine indagine (che solitamente vengono seguiti da una richiesta di rinvio a giudizio) all’ex sindaco per le ipotesi di peculato e truffa aggravata nei confronti della Regione Emilia-Romagna per circa 20.900 euro, e per intralcio alla giustizia e induzione a rilasciare false dichiarazioni per via delle pressioni e offerte – secondo l’accusa – fatte alla Cracchi perché tacesse. Poi si era aggiunta l’ipotesi di accusa di corruzione.