Da Reggio al Pakistan, dagli stadi ai licei: tolleranza zero per “virtute e conoscenza”

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 27 Agosto 2010 - 14:09| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Bomba davanti a casa del Procuratore di Reggio Calabria Salvatore Di Landro

A Reggio Calabria alle due di una notte d’estate mettono una bomba davanti alla casa del Procuratore Generale Salvatore Di Landro. Ora cercano chi ha messo la bomba guardando le immagini incerte e lontane di una telecamera di un  negozio sulla strada. Davanti casa del Procuratore telecamere non c’erano e non c’erano neanche auto della polizia. Nessuno aveva pensato ad installarle o a piazzarle. Dicono che lo faranno d’ora in poi. Eppure a inizio anno una bomba era stata piazzata davanti alla sede della Procura e poi all’auto del Procuratore erano stati allentati i bulloni delle ruote e un’automobile carica di armi era stata fatta trovare in città sul percorso di Napolitano capo dello Stato in visita. Era ovvio, elementare predisporre sorveglianza davanti all’abitazione del magistrato. Ma non c’era. Perché? Raccontano che a Reggio Calabria fino a poco tempo fa, fino all’arrivo e al lavoro di Di Landro la regola in uso era il “patteggiamento allargato”. Il condannato in primo grado per reati della criminalità organizzata, leggi ndrangheta, poteva contare su una sentenza morbida in Appello. Raccontano che al “patteggiamento allargato”, che non esiste nel Codice ma esiste eccome nella realtà calabrese, lavoravano d’intesa avvocati e magistrati, qualcuno rimosso di fresco da Reggio Calabria. E che ci fossero “tecnici” in Procura che si incaricavano di tenere aggiornati i gruppi criminali sugli sviluppi delle indagini e dei processi. Tutta la storia ricorda in piccolo, per ora in piccolo, quella di via D’Amelio a Palermo, quella casa della madre di Borsellino. Lì andava spesso il magistrato, si sapeva. Ma nessuno si preoccupò di mettere davanti a quell’indirizzo un semplice divieto di sosta che rendesse meno facile piazzare l’autobomba che uccise Borsellino e la scorta. Singolari “vuoti” di attenzione e di prevenzione, ricorrenti amnesie, perché?

Un altro milione di pakistani rischiano di morire di fame di malattie dopo le inondazioni. Con questo fanno sette milioni o forse cinque o forse dieci. Ma non frega niente a nessuno dalle parti di casa nostra, perchè? In Pakistan gli islamisti radicali minacciano di far fuori gli occidentali che portano aiuti. In Pakistan i pochi aiuti vengono distribuiti su base religiosa, con discriminazione tra musulmani, cristiani e induisti. Se sei della religione sbagliata non mangi e non bevi. In Pakistan ci sono le bombe atomiche. In Pakistan il governo può essere rovesciato da quelli che per capirci chiameremo talebani e che sono pronti alla guerra santa contro l’occidentale, bianco e cristiano, anche con le atomiche. Eppure non ci frega niente. Di quelli che stanno morendo per scarsa carità e solidarietà e passi, mestamente passi. Ma che un paese di circa 150 milioni di persone passi nelle mani di chi vuol farci guerra, a noi, proprio a noi, perchè riesce a non fregarci nulla?

Dall’Afghanistan non vediamo l’ora di andarcene, che ci stiamo a fare, addirittura a combattere e morire in quella terra lontana e aliena? Bene, l’Afghanistan sta venendo da noi, vicino vicino casa nostra. Si chiama Somalia. E’ a un passo da casa. Sta diventando un paese dove è vietato vedere la tv, vietato alle donne uscire di casa, vietato non odiare i bianchi, occidentali e cristiani. Per non parlare dei senza fede. L’Afghanistan ci insegue ma noi non lo vediamo, perchè?

Il ministro della Giustizia italiano, Angelino Alfano, giura che la legge che impone un “tempo ragionevole al processo” è “sacrosanta”. E’ quella legge sulla quale la maggioranza deve giurare altrimenti succede il finimondo, crisi di governo e forse elezioni anticipate. Bene, giusto e ragionevole fissare un tempo ai processi, tempo oltre il quale il processo decade, non si possono aspettare sentenze per decenni. Nessuno però domanda, suggerisce, impone ad Alfano una “ragionevole e sacrosanta” frasetta: “D’ora in poi la durata dei processi…”. D’ora in poi come si fa ogni volta che si cambiano le regole. Nessun italiano accetterebbe un contratto d’affitto, un contratto d’utenza, un contratto di lavoro e d’affari con regole nuove che non contenesse il “d’ora in poi”. Però nessuno o quasi trova nulla da dire sul “contratto” di leggi e processi retroatttivo. Perchè?