Desaparecido. Bondi non è stato sfiduciato ma al ministero non si vede da due mesi

Pubblicato il 9 Febbraio 2011 - 09:26 OLTRE 6 MESI FA

Sandro Bondi

Non è stato sfiduciato, ha ottenuto un consenso pieno per continuare il proprio lavoro ma a via del Collegio Vecchio a Roma, sede del ministero dei Beni Culturali, non si vede da due mesi: è il Bondi “scomparso”, sparito nel nulla da prima di Natale. Per mettersi in contatto con lui, comunicargli l’avvio di un’iniziativa, ottenere un’autorizzazione, strappare una firma, bisogna chiamarlo alla sede romana del Pdl, oppure a casa, magari a Novi Ligure al recapito della compagna, l’onorevole Manuela Repetti.

Da un mese il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha sulla scrivania la lettera di dimissioni di Bondi, il quale si aspettava che fosse accettata lunedì. La notizia era attesa anche al ministero con un sentimento compreso fra la smobilitazione e la liberazione. Difatti lì dentro si contano sulle dita di una mano quelli che non vogliono bene al ministro. E’ persino amato. Ma la situazione, dicono e ripetono, è ormai insostenibile. “Il premier ascolti la sua voce, lo sciolga da questo vincolo insopportabile, non sottovaluti l’urlo di dolore. Se fosse il caso, si prenda anche questo interim. Ma ricominciamo a far funzionare il dicastero”, dice un mister X a La Stampa. Aggiunge che “i collaboratori sono sgomenti”, che nessuno ha capito perché Bondi abbia tanto insistito per una carica da cui si è disaffezionato così presto, sino a detestarla, e sottraendola a Paolo Bonaiuti che la considerava l’approdo di un’esistenza.

Le ragioni di tutto ciò vengono da lontano, sebbene le polemiche sui crolli di Pompei siano state definitive. Al ministero raccontano dello strazio muto del ministro nelle occasioni in cui scriveva lunghe e ponderose lettere alla Repubblica su questioni di altissima erudizione, come il significato contemporaneo della Carta costituzionale, gli obiettivi ecumenici dei centocinquant’anni dell’Unità patria in una coalizione coi federalisti della Lega, e se andava bene gli scritti sbarcavano sul sito internet del quotidiano. E quindi la legittimazione concessa al Bondi coordinatore del Pdl, che sui temi della gestione del partito, della dialettica parlamentare, dei dissidi con i finiani era intervistabile anche tutti i giorni, non è stata estesa al Bondi motore e coordinatore della politica cinematografica o archeologica.

Una volta intascata la fiducia, ci si aspettava il ritorno di Bondi in ministero, se non altro per il piccolo trionfo, se non altro con i ritmi prenatalizi, quando il ministro si rifugiava a Novi Ligure dal venerdì al martedì. Invece Bondi ha deciso che con la cultura ha chiuso. Il problema è che non lo ha deciso il governo. Così il ministero procede nella ordinaria amministrazione, con il sottosegretario Francesco Giro e il direttore generale del patrimonio culturale Mario Resca che insistono cocciuti nelle mansioni cui sono stati destinati.