Cosa vuole Bossi: Berlusconi finchè dura e poi “secessione morbida”

di Riccardo Galli
Pubblicato il 17 Febbraio 2011 - 15:13 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Cosa vuole davero Bossi? Berlusconi fino a che dura e poi sotto a chi tocca governare purché paghi alla Lega il prezzo della “secessione morbida”. Non c’è bisogno di interrogare e interpretare la Sibilla Cumana e neanche quella “padana” per sapere, basta ascoltare, almeno la seconda parla chiaro. La Lega e soprattutto Bossi hanno le idee chiare su quale sarà il loro futuro politico. Appoggio incondizionato al Cavaliere e al suo Governo finché dura, con annessi i decreti attuativi del federalismo tanto cari al Carroccio e, dopo il voto che presto o tardi arriverà, appoggio a chi gli garantirà la possibilità di introdurre la “secessione morbida”.

Spiacenti per Bersani, ma il Senatur non ha alcuna intenzione di mollare Berlusconi e il suo Governo. Questa scelta non è dettata da una particolare stima politica e tantomeno umana nei confronti del Cavaliere, già in passato lo aveva definito “mafioso, corrotto e porco”, ma è il frutto di una fredda analisi della situazione politica e una conseguente pianificazione delle azioni future che la Lega può intraprendere per raggiungere i suoi scopi e soddisfare la sua base elettorale.

Oggi la prima necessità per gli uomini del Carroccio è quella di portare a casa i decreti attuativi del federalismo che, anche se tra mille difficoltà, solo questo Governo può varare e, oltretutto, a quanto dicono i sondaggi, se si votasse domani la Lega non otterrebbe un risultato elettorale splendido come appariva qualche mese fa. E allora che questo Governo vada avanti, vari i decreti e che si vada a votare solo a fine legislatura o quando Berlusconi cadrà per motivi indipendenti dalla Lega. Questa l’analisi dei fatti che spinge Bossi e i suoi a non mollare il Cavaliere e a tenerlo in piedi anche quando più volte avevano paventato una crisi, come quando il decreto sul federalismo comunale fu bocciato in Commissione.

Ma il governo Berlusconi prima o poi morirà, al più tardi di “morte naturale” nel 2013 allo scadere del mandato, o forse prima travolto da scandali e conseguenti processi o ancora a causa dell’esiguità dei numeri che lo tengono in piedi in Parlamento. A quel punto e solo allora Bossi vorrà avere le mani libere anche perché lo scenario politico più probabile che uscirà dalle urne sarà quello di un sostanziale pareggio, con maggioranze molto esigue, che siano di centro destra o centro sinistra, o addirittura maggioranze diverse alla Camera e al Senato. E a quel punto la Lega potrà diventare ancora una volta nella storia politica italiana l’ago della bilancia e potrà chiedere, in cambio del suo appoggio a chi vuol governare, quello che vuole. E quello che chiederà sarà la “secessione morbida”, una sorta di federalismo a geometria variabile mutuato dal modello spagnolo che costituisce una sorta di soluzione intermedia tra lo stato federale e quello unitario.

La Lega chiederà in sostanza, in cambio dei suoi voti, la possibilità di concedere alle regioni che ne facciano richiesta maggiori competenze nelle materia attualmente di legislazione concorrente con lo Stato, assegnando inoltre loro una quota di autonomia fiscale attraverso l’Irpef. Una soluzione che porterebbe le regioni ricche del Nord a scendere in pressing su Roma per sganciarsi sempre più sulla falsariga di quanto è concesso oggi alle regioni a statuto speciale. L’articolo 116 della Costituzione disciplina l’autonomia di queste ultime e stabilisce che: “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia possono essere attribuite ad altre regioni (cioè le 15 a statuto ordinario) con legge dello Stato, su iniziativa della regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 119”. Articolo che fissa il principio dell’autonomia finanziaria di comuni, province e regioni e che fa capire quale sia la posta in gioco e perché la Lega ha deciso di muoversi in questo modo. Le leggi in questione devono infatti essere approvate “dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti”, scenario assolutamente impraticabile oggi ma plausibile all’indomani di un voto che consegni al Paese una maggioranza esigua bisognosa dell’aiuto leghista.

Inoltre la “richiesta di ulteriori forme di autonomia” potrà spingersi fino a toccare alcune materie che sono oggi esclusiva dello Stato, come i giudici di pace, l’istruzione, la tutela dell’ambiente e i beni culturali. Sterminato è invece l’elenco delle materie di legislazione concorrente in cui lo Stato si limita alla determinazione dei principi fondamentali: si va dai rapporti internazionali e con l’Unione Europea al commercio con l’estero, dalla tutela del lavoro alla ricerca scientifica, dall’ordinamento sportivo alla protezione civile, dai trasporti all’energia fino alle casse di risparmio e alle aziende di credito a carattere regionale. E’ evidente quindi che se le regioni che lo richiederanno otterranno maggiore autonomia in campi decisivi come quelli appena citati otterranno, come vuole Bossi, una “secessione morbida”.