Bossi si rimangia l’arresto di Papa: “Non possiamo mettergli le manette”

Pubblicato il 17 Luglio 2011 - 09:10 OLTRE 6 MESI FA

MILANO –  “Non possiamo mettergli le manette prima di sapere se quello che ha fatto è da galera o no”. Il voltafaccia è servito: Umberto Bossi cambia idea sul caso di Alfonso Papa, il parlamentare del Pdl coinvolto nell’inchiesta sulla P4 su cui pende una richiesta di arresto da parte della Procura di Napoli.

Di voltafaccia, plateale e indiscutibile si tratta, anche se consumato ostentando naturalezza. Per capirlo basta tornare indietro di 48 ore, al tardo pomeriggio di venerdì 15 giugno. Il ministro e leader leghista è alla Camera (è il giorno del voto in giunta che dice sì all’arresto con l’astensione della Lega) e ai cronisti che gli chiedono come voterà la Lega nel segreto dell’aula, il leader risponde laconico: “In galera”.

Tra venerdì sera e sabato sera, invece, Bossi cambia completamente linea. Cosa è successo nel frattempo? Nella Lega sembra accaduto poco o nulla: nel frattempo, forti anche della posizione del leader, si pronunciano per l’arresto anche l’ala “maroniana” del partito e il sindaco di Verona Flavio Tosi. Presa di posizione, del resto, che è quella che piace alla irrequieta base elettorale del partito.

Poi, però, dopo i silenzi di questi giorni entra in scena Silvio Berlusconi, e lo fa con una dichiarazione chiara: “L’arresto di Papa sarebbe un precedente pericolosissimo”. Il venerdì sera si consuma così, con i due leader dei partiti di governo che sulla questione sembrano lontanissimi.

Poi, invece, sabato sera, a Venezia, arriva la svolta.  Il Senatur interpreta la questione con garantismo improvviso e mai così ostentato: ”Le manette non vanno messe mai se prima non facciamo il processo”. Bossi non spiega se la regola valga solo per i deputati o per i criminali comuni, sa già che la sua presa di posizione all’elettorato leghista, quello che secondo un sondaggio lo “penisonerebbe” volentieri, piacerà poco. Oramai, però, il voltafaccia è consumato: ”Se Papa ha commesso dei reati paghi, ma non va bene mettergli le manette prima, quando ancora non sappiamo se quello che ha fatto e’ da galera o no”.

Quindi un parallelo che stride. Per Bossi bisogna ”ricordare il tempo di Craxi: farlo andare in galera uno non ancora condannato non e’ servito a nessuno, tranne a far andare in politica Di Pietro”.

Ministeri. Digerita la pillola papa i leghisti possono “consolarsi” con i ministeri brianzoli.  Bossi, infatti, annuncia: ”Padania vuol dire Venezia e Milano unite: in settimana apriamo i ministeri a Monza” ha annunciato questa sera a Venezia il Senatur.

I ministeri, ha detto, sono ”il mio, quello di Calderoli e quello di Tremonti: sbarcano a Monza”.    ”E’ solo il primo passo – ha aggiunto – l’importante e’ portar via da Roma qualcosa: io, Calderoli e Tremonti mettiamo insieme i nostri ministeri, fatto il primo passo si fara’ il secondo e il terzo”. Per il momento, secondo Bossi, niente sara’ dislocato a Venezia, ma ”i veneziani diranno: e noi?”.

Nessuno tocchi Tremonti. ”Sono state due settimane difficili, anzi bollenti, ma Tremonti non si tocca” ha poi detto Bossi dal ‘Metamauco’, il ferry-boat della Lega, presente alla Festa del Redentore di Venezia.

”Tutta l’Italia e’ in difficolta’ – ha aggiunto – si e’ fatto due volte lo stesso errore nello stesso secolo: l’Europa ci ha dato una moneta forte, si fa fatica ad esportare, e’ un errore gia’ fatto dai Savoia: cosi’ le fabbriche non tengono piu”’.    Per Bossi ”la situazione non e’ tranquilla ne’ per noi ne’ per Tremonti, che e’ appoggiato dalla Lega, non lo uccide nessuno”. ”La famiglia di Tremonti dal Cadore mandava legno a Venezia per le navi della battaglia di Lepanto e per le palafitte dei palazzi veneziani”, ha ricordato il Senatur, ribadendo il legame con il ministro del Tesoro ”lombardo ma di origine cadorina, un vero lombardo-veneto”.