Bunga Bunga, il Giornale attacca: “E le telefonate di Fini?”

Pubblicato il 18 Gennaio 2011 - 13:29 OLTRE 6 MESI FA

Una raffica di domande, tutte retoriche. Sempre con gli stessi due termini di paragone: il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi da una parte, e quello della Camera Gianfranco Fini dall’altra. Il Giornale, nel giorno delle carte sul caso Ruby in Parlamento, si schiera in difesa del presidente del Consiglio e trova il modo per trasformare il “bunga bunga” in un attacco a Fini.

Scrive e si domanda Salvatore Tramontano “ma perché se telefona Berlusconi per aiutare Ruby a non andare in comunità è concussione e se telefona Fini in Rai per aiutare la suocera ad avere un contratto del valore di un milione e mezzo di euro è un atto di generosità familiare? Ma perché Berlusconi dovrebbe dimettersi e Fini, indagato da quasi cinque mesi, può tranquillamente sedere sulla poltrona della presidenza della Camera?”.

Quindi le domande investono anche il “capitolo escort”: “Ma perché se Fini è accusato di essere andato con la prostituta Rachele è una campagna di fango, perché non produce prove del rapporto, mentre, invece, è sicuramente vero che Berlusconi abbia avuto rapporti con una minorenne, indipendentemente dal fatto che la procura produca le prove?”.

Tramontano, poi, affronta, sempre con l’artificio delle domande, la questione della giustizia “a orologeria” e della “fuga di notizie”: Ma perché la notizia di Berlusconi indagato diventa pubblica in tempo reale, mentre quella di Fini viene resa nota solo al momento dell’archiviazione? Ma perché Berlusconi deve presentarsi dai pm e Fini non solo non viene ascoltato, ma non disturbano nemmeno suo cognato? Ma perché con Berlusconi c’è regolarmente la fuga di notizie e con Fini tutto resta riservato? Ma perché per Berlusconi non vale la presunzione di innocenza mentre per Fini non vale la presunzione di colpevolezza?”.

Domande, secondo il Giornale, che gli italiani si fanno in ogni bar. Vero, forse. E’ sicuramente vero che la domanda che più “leva il sonno” agli italiani è un’altra: “Il bunga bunga succedeva davvero?”