Business eolico in Sardegna, Verdini ai soci della sua banca: “Niente da nascondere”

Pubblicato il 23 Maggio 2010 - 14:13 OLTRE 6 MESI FA

Denis Verdini

Il coordinatore del Pdl, Denis Verdini si discolpa davanti ai soci del Credito cooperativo fiorentino (Ccf),da lui presieduto, dalle accuse che lo riguardano nell’inchiesta sul business eolico in Sardegna. “Non ho niente da nascondere – afferma – e non ho tesoretti in Lussemburgo o in altri Paesi”.

Nella relazione, spiega il suo legale e vice presidente del Ccf Marco Rocchi (l’assemblea era riservata ai soci), Verdini ha parlato di tutta la vicenda e ha raccontato, alle circa 250 persone presenti, delle inchieste, della rogatoria chiesta in Lussemburgo dai magistrati che indagano sui Grandi eventi, e ha anche spiegato l’ispezione fatta dalla Banca d’Italia nelle sede del Ccf a Campi Bisenzio (Firenze). Nessuno dei soci ha fatto domande e “l’unico intervento critico per l’aumento dei costi dei conti correnti – spiega Rocchi – ha però dato la sua solidarietà al presidente”.

Denis Verdini non avrebbe nemmeno ancora chiesto di essere sentito dai magistrati romani che si occupano del presunto comitato di affari per la gestione degli appalti per la realizzazione dei progetti dell’eolico in Sardegna. “Se davvero i tempi sono quelli di cui si parla  -afferma il suo legale – circa un mese, aspettiamo la fine delle indagini poi decideremo cosa fare”.

“Siamo a disposizione, ma vogliamo anche capire”, aggiunge Rocchi a margine dell’assemblea dei soci del Credito cooperativo fiorentino, la banca presieduta da Verdini finita sotto le lenti dei magistrati romani che nella sede di Campi Bisenzio (Firenze) hanno fatto acquisire alcuni atti, in particolare quelli relativi ad alcuni assegni circolari per 800 mila euro. Rocchi ha ricordato che quella somma era la prima tranche di un versamento di due nuovi soci che entreranno nel capitale sociale del Giornale della Toscana, di proprietà di Verdini. Il coordinatore del Pdl, indagato anche nell’inchiesta sui Grandi eventi per la scuola marescialli di Firenze, chiese di essere subito sentito dai magistrati fiorentini che lo avevano iscritto nel registro degli indagati, “ma lì le condizioni erano diverse”, ricorda Rocchi.