Calderoli: “Kyenge orango”. “Diffamazione non odio razziale”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 16 Settembre 2015 - 15:50| Aggiornato il 18 Settembre 2015 OLTRE 6 MESI FA
Calderoli: "Kyenge orango". Senato vota: "E' diffamazione"

Calderoli: “Kyenge orango”. Senato vota: “E’ diffamazione”

ROMA – Roberto Calderoli dovrà rispondere di diffamazione per quel paragone tra l’allora ministro per l’Integrazione Cecile Kyenge e un orango. Il Senato ha dato l’autorizzazione a procedere nei confronti del parlamentare della Lega nord per l’accusa di diffamazione, ma ha respinto l’accusa di istigazione all’odio razziale.

Il Corriere della Sera scrive che tutti inizia il 13 luglio 2013, quando Calderoli durante un comizio leghista a Treviglio paragona l’allora ministra Kyenge a “un orango”. Luigi Zanda, capogruppo in Senato del Pd, aveva chiesto un ulteriore approfondimento alla vicenda:

“«Oggi dobbiamo esprimerci su un procedimento penale avviato, che riguarda il senatore Calderoli (che ricordo è anche Vice Presidente del Senato). Noi riteniamo – parlo del Gruppo del Partito Democratico – che vi sia la necessità di un ulteriore approfondimento. Queste ultime settimane – come tutti i colleghi sanno – sono state molto dense di attività, il tempo a disposizione è stato veramente poco e la delicatezza della questione impone viceversa che ciascun senatore possa essere debitamente informato, possa valutare e possa riflettere»”.

Ma la sua proposta è stata respinta, con i parlamentari del Movimento 5 stelle che hanno replicato:

“«La richiesta del presidente Zanda, fatta nello specifico solo per il caso che riguarda il collega Calderoli – ha affermato Vito Crimi – ci sa più di ricatto, in considerazione della situazione in cui ci troviamo in questo momento, in pieno clima di riforme costituzionali, in cui un Presidente del Consiglio quasi esautora il Presidente del Senato dal suo ruolo, annunciando anticipatamente le decisioni che avrebbe dovuto prendere il Presidente del Senato, quasi a voler anticipare quell’abolizione del Senato che auspica». Il relatore Lucio Malan (FI), ha poi chiesto di procedere con una votazione per parti separate, come è avvenuto.

La votazione avvenuta il 16 settembre presenta uno scenario ben diverso da quello di febbraio:

“In quell’occasione la Giunta si era espressa contro l’autorizzazione a procedere nel suo complesso, perché le opinioni di Calderoli erano state espresse «da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni» e quindi ricadevano «nell’articolo 68 primo comma della Costituzione, che prevede l’insindacabilità»”.