Bavaglio ai fotografi, divieto di zoom in Aula: e la trasparenza?

di Warsamé Dini Casali
Pubblicato il 24 Novembre 2011 - 11:43 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Sì alle foto in Parlamento, ma bavaglio ai fotografi che osano riprendere “pizzini”, comunicazioni private telematiche (telefonini, Ipad, computer), atteggiamenti scomposti ma non “essenziali all’informazione sullo svolgimento dei lavori parlamentari”. Ma se Berlusconi avesse fatto il diavolo a quattro per quel “traditori” in un suo appunto personale divulgato urbi et orbi, come lo avremmo chiamato? Censore, dittatorello, affossatore della libertà di stampa. Ora che l’Ufficio di presidenza della Camera di fatto vieta ai fotografi di riprendere i “pizzini” democratici (tipo l’autocandidatura di Enrico Letta recapitata a Monti) la privacy del deputato fa premio sul diritto ad essere informati.

Alla faccia della trasparenza della politica che, cambiato il vento e archiviato Berlusconi, non è più una priorità, anzi una battaglia di impegno civile. Con lo scacco supplementare del codice di autoregolamentazione imposto ai fotografi. Un ordine vestito da consiglio. Altre norme, altri codici deontologici, altra burocrazia per impedire cosa? Che se il deputato si infila le dita nel naso non può essere ripreso. Alla Camera dei Deputati o al Senato della Repubblica, mica allo stadio o alle corse dei cavalli. E nel caso un deputato si goda in tutta tranquillità un filmino porno sul comodo schermo del suo gadget di ultima generazione, il fotografo che fa, deve chiedere prima il permesso al preside? Sì, perché lo zoom non può usarlo. La tecnologia modifica abitudini e comportamenti, sensibilità e controlli, è invasiva ma offre dei vantaggi. E’ così per tutti, tranne per il deputato.

“E’ un bavaglio, cosa ci vado a fare più adesso alla Camera?” si lamenta Umberto Pizzi, il paparazzo più famoso d’Italia. Già, cosa ci va a fare: Cafonal al Parlamento è inibito per divieto di scatto. Diranno perché si comportano meglio. Diranno tutti, perché l’Ufficio di Presidenza ha votato a maggioranza, con l’astensione di Antonio Leone (Pdl) e Giacomo Stucchi (Lega). E la perplessità del presidente Fini. Comunque, l’embargo fotografico su appunti, carte, pc, display difende la privacy. E’ tutto. Non conta, per esempio, che nel biglietto di Letta il profilo tecnico della lista dei sottosegretari diventava un po’ più politico. Agli italiani potrebbe interessare, almeno quanto la lista dei cellulari chiamati da Dennis Verdini prima del voto di fiducia al governo Berlusconi.