Cardinal Scola: “Laicità dello Stato? Finta neutralità”. Rusconi: “Laicità non è nichilismo”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 7 Dicembre 2012 - 17:38 OLTRE 6 MESI FA
Il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano (Lapresse)

MILANO – Il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, ha criticato la laicità dello Stato, cioè la “neutralità” dello Stato di fronte alla religione, una “neutralità” che secondo il cardinale è in realtà faziosa e ostile alla religione più diffusa, quella cattolica.

Discorso importante perché pronunciato davanti alla città di Milano nella celebrazione di Sant’Ambrogio, un momento in cui per consuetudine l’omelia dell’arcivescovo meneghino si occupa di attualità e di politica. Discorso pronunciato da Scola che è succeduto nel giugno 2011 a Dionigi Tettamanzi.

Fino al 2002 arcivescovo di Milano era stato il cardinale Carlo Maria Martini, uno che nel 1990 stupì tutti, proprio in occasione del discorso di Sant’Ambrogio, quando invitò i credenti milanesi a un dialogo con l’Islam. Martini prima e Tettamanzi poi hanno portato avanti posizioni molto aperte verso i laici.

Discorso importante perché prende spunto dall’Editto di Milano, meglio noto come Editto di Costantino, siglato nel 313, del quale l’anno prossimo ricorre il 1700° anniversario. L’Editto di Costantino sancì la fine delle persecuzioni contro i cristiani e, sulla carta, l’inizio della libertà religiosi. Gli esiti furono ben diversi e anche il cardinal Scola ne dà atto.

Queste le parole di Scola, pubblicate in riassunto dal Sole 24 Ore in un articolo dal titolo: “Libertà religiosa per il bene comune”:

“…libertà religiosa e pace sociale. Tra le due realtà esista una correlazione molto stretta. Se astrattamente parlando si potrebbe immaginare che una legislazione in grado di ridurre i margini della diversità religiosa riesca anche a ridurre fino ad eliminare la conflittualità che ne può derivare, di fatto si verifica la situazione opposta: più lo Stato impone vincoli, più aumentano i contrasti a base religiosa. Ed è comprensibile: imporre o proibire per legge pratiche religiose, nell’ovvia improbabilità di modificare le corrispondenti credenze personali, non fa che accrescere quei risentimenti e frustrazioni che si manifestano poi, sulla scena pubblica, come conflitti”.

“Il presupposto teorico dell’evoluzione sopra richiamata si rifà, nei fatti, al modello francese di laicité che è parso ai più una risposta adeguata a garantire una piena libertà religiosa, specie per i gruppi minoritari. Esso si basa sull’idea dell’in-differenza, definita come “neutralità”, delle istituzioni statuali rispetto al fenomeno religioso e per questo si presenta a prima vista come idoneo a costruire un ambito favorevole alla libertà religiosa di tutti. Si tratta di una concezione ormai assai diffusa nella cultura giuridica e politica europea, in cui però le categorie di libertà religiosa e della cosiddetta “neutralità” dello Stato sono andate sempre più sovrapponendosi, fino a confondersi”.

“Nei fatti, per vari motivi ad un tempo di carattere teorico e storico, la laicité alla francese ha finito per diventare un modello maldisposto verso il fenomeno religioso. Perché? Anzitutto, l’idea stessa di “neutralità” si è rivelata assai problematica, soprattutto perché essa non è applicabile alla società civile la cui precedenza lo Stato deve sempre rispettare, limitandosi a governarla e non pretendendo di gestirla. Ora, rispettare la società civile implica riconoscere un dato obiettivo: oggi nelle società civili occidentali, soprattutto europee, le divisioni più profonde sono quelle tra cultura secolarista e fenomeno religioso, e non – come spesso invece erroneamente si pensa – tra credenti di diverse fedi”.

“In tal modo lo Stato cosiddetto “neutrale”, lungi dall’essere tale fa propria una specifica cultura, quella secolarista, che attraverso la legislazione diviene cultura dominante e finisce per esercitare un potere negativo nei confronti delle altre identità, soprattutto religiose, presenti nelle società civili tendendo ad emarginarle, se non espellendole dall’ambito pubblico”.

Fra i passaggi delle cinque pagine di discorso non pubblicati dal “Sole” c’è quello in cui il cardinale passa dal generale al particolare attaccando la riforma sanitaria di Obama che “impone polizze che includano contraccettivi, abortivi e procedure di sterilizzazione”.

L’intervento del cardinal Scola non poteva non suscitare repliche. Vito Mancuso su Repubblica difende il concetto laico e illuminista di libertà religiosa, ricordando che l’Editto di Costantino fu la fine delle persecuzioni contro i cristiani ma anche l’inizio dell’intolleranza verso le altre religioni:

“Parole poco fondate […] è doveroso chiedersi per chi tale libertà (quella religiosa sancita dall’Editto di Costantino, ndr) nacque, e la risposta corretta è per i cristiani […] è vero che Scola scrive che l’Editto di Milano fu un “inizio mancato”, ma non si può sorvolare in questo modo così leggero su secoli e secoli di sanguinosa intolleranza cattolica, generata da tale editto e dal matrimonio con il potere imperiale che esso comportava […] La cosa era del tutto chiara già a Dante Alighieri: “Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre, non la tua conversion, ma quella dote che da te prese il primo ricco patre!” (Inferno XIX, 115-117). […] La libertà religiosa è stato il dono della laicità al cristianesimo“.

Gian Enrico Rusconi su La Stampa critica Scola perché forse, nell’attaccare uno Stato così laico da farsi quasi “etico“, da dire ai suoi cittadini come si devono comportare, si riferisce a una realtà che assomiglia molto più a quella francese che a quella italiana. In Italia la peso della Chiesa cattolica nelle leggi e nelle istituzioni non è certo lo stesso delle altre confessioni religiose, e la distanza fra Stato e Chiesa spesso è troppo corta:

a quale Stato in concreto si riferisce il cardinale? Certo non al nostro Paese con la sua legislazione sull’insegnamento della religione nelle scuole, con la normativa sui simboli religiosi negli spazi pubblici, sul sostegno indiretto alle scuole confessionali, sulla forte (e formalmente legittima) influenza della Chiesa sulla problematica bioetica – per non parlare della deferenza pubblica e dei partiti politici verso la Chiesa […] È deplorevole che la laicità dello Stato sia identificata tout court con una idea di secolarizzazione che sconfina di fatto con il nichilismo. Se c’è uno spazio che dovrebbe essere aperto è il confronto pubblico competente e leale sui valori positivi della laicità, che sono l’unica garanzia della libertà di coscienza”.