Cassazione, la stampa può criticare un magistrato: “Va tutelata la libertà di espressione”

Pubblicato il 25 Settembre 2009 - 15:35 OLTRE 6 MESI FA

I giornalisti possono criticare anche con toni aspri l’operato di un magistrato, senza andare incontro a una condanna per diffamazione. Loha deciso la Cassazione con una  sentenza che ha confermato il verdetto della Corte d’appello di Palermo.

Un cronista de L’Unione Sarda era stato assolto dall’accusa di diffamazione aggravata perché il fatto non sussiste: il giornalista era stato querelato da un pm per un articolo nel quale si ripercorreva la vicenda di un detenuto suicidatosi in cella che si era sempre dichiarato innocente cosa che, dopo la sua morte, era emersa in modo inequivocabile.

La Suprema Corte (quinta sezione penale, sentenza n. 37442) ha rigettato il ricorso presentato dalla difesa del magistrato, parte civile nel procedimento, sottolineando che «va tutelata nel modo più ampio la libertà di espressione, a condizione che l’autore non trascenda in attacchi personali diretti a colpire, sul piano individuale, senza alcuna finalità di interesse pubblico, la figura morale del soggetto criticato».

Infatti, continuano i giudici di piazza Cavour «la continenza formale non può equivalere a obbligo di utilizzare un linguaggio grigio ed anodino, in quanto in essa rientra il libero ricorso a parole sferzanti e pungenti. È stato correttamente osservato che l’esercizio del diritto di critica, nella sua funzione di scriminante può esplicarsi con l’uso di toni oggettivamente aspri e polemici, specie quando abbia ad oggetto un tema di grave interesse pubblico».

Per la Cassazione, «le espressioni usate dal giornalista sono pienamente adeguate alla gravità del fatto narrato e sono dirette non certo ad aggredire la sfera di umanità e moralità del magistrato, ma a richiamare l’attenzione sulla gravità delle conseguenze dell’operato della magistratura, laddove incide sulla libertà dei cittadini».