Pace fiscale, Di Maio: “Al Quirinale testo manipolato da una manina”. Il Colle smentisce e la Lega lo isola: “Noi siamo seri”

di redazione Blitz
Pubblicato il 17 Ottobre 2018 - 21:46| Aggiornato il 18 Ottobre 2018 OLTRE 6 MESI FA
Luigi Di Maio

Luigi Di Maio (Ansa)

ROMA – Il via libera del governo alla pace fiscale si tinge di giallo. Il vicepremier M5s Luigi Di Maio ospite la sera di mercoledì 17 ottobre a Porta a Porta lancia un’accusa molto pesante: “Al Quirinale è arrivato un testo manipolato. Domani presento denuncia alla procura della Repubblica”.

Il leader M5s pronuncia queste parole durante la registrazione della puntata e subito dopo arriva una nota dell’ufficio stampa del Colle che precisa: “Il testo del decreto legge in materia fiscale non è ancora pervenuto”. A Di Maio risulta però che “il testo sia andato al Quirinale. “Se non è così – osserva ancora Di Maio – basta allora lo stralcio”. Ed effettivamente il testo non è arrivato al Colle. A bloccarlo è stato il premier Conte che lo vuole rileggere articolo per articolo, si apprende dall’Ansa, dopo essere stato informato delle criticità sulla misura. A reagire ed isolare il leader M5s ci pensa anche la Lega che, sentendosi chiamata in causa, dichiara: ” “Noi siamo gente seria e non sappiamo niente di decreti truccati”. 

Nello studio di Vespa, Di Maio spiega le parti del testo modificate: “All’articolo 9 del decreto fiscale c’è una parte che non avevamo concordato nel Consiglio dei ministri. Una sorta di scudo fiscale per i capitali all’estero e una non punibilità per chi evade. Noi in Parlamento non lo votiamo questo testo se arriva così, questa parte deve essere tolta. Non ho mai detto che si volevano aiutare i capitali mafiosi”.

Poi spiega: “Non so se è stata una manina politica o una manina tecnica in ogni caso domattina si deposita subito una denuncia alla Procura della Repubblica perchè non è possibile che vada al Quirinale un testo manipolato”.

Di Maio prosegue: “Questo è un condono scudo fiscale come quello che faceva Renzi, io questo non lo faccio votare. Ho sempre detto agli imprenditori italiani che dovevamo liberarli dalle grinfie di Equitalia ma non ho mai detto che si dovevano aiutare i corrotti all’estero”. 

Su di chi sia la manina politica, Di Maio precisa: “Tengo ad escludere responsabilità politiche, perché mi fido delle persone con cui siamo al governo”, ma “in questo governo stanno avvenendo tante cose strane, tanti giochini: ciò che metteremo in campo dopo la denuncia alla Procura ci farà capire delle cose”.

Alla domanda se il sospetto possa cadere su Giorgetti della Lega, il vicepremier risponde: “Non mi permetterei mai”. Poi aggiunge: “Questo è il governo col più alto numero di nemici, ma non mi sorprende. Hanno già provato a farci giochetti con il decreto Dignità”. Anche in quel caso  si era infatti parlato di “manina” e sotto accusa erano finiti i tecnici del Mef. Poi un altro caso in questo giorni: quello del numero chiuso a Medicina, che prima era stato annunciato per poi essere smentito. 

L’uscita del leader M5s è destinata a lasciare strascichi politici, perché irrita profondamente la Lega, che, malgrado il silenzio di Matteo Salvini, va allo scontro. “Noi siamo gente seria e non sappiamo niente di decreti truccati, stiamo lavorando giorno e notte sulla riduzione delle tasse, sulla legge Fornero e sulla chiusura delle liti tra cittadini ed Equitalia” affermano esponenti leghisti in una durissima nota ufficiale. Le opposizioni intanto irridono: Di Maio, dicono Pd e Fi, è perseguitato dalla teoria del complotto.

Nel mirino del leader M5S finisce in particolare “lo scudo fiscale per i capitali all’estero” che nel testo non appare tale in realtà perché permette di sanare due specifiche imposte su proprietà e attività fiscali già dichiarate anche se in maniera non completa. Ma a non andare giù a Di Maio c’è anche la non punibilità per chi evade.