Coop rosse monopoliste e affiliate al Pd: è tutto vero, parola di giudice

Pubblicato il 5 Settembre 2012 - 14:40 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – La coop Hera, azienda multiservizi emiliano-romagnola, agisce da monopolista ed è collaterale al Partito Democratico. Lo pensano molti critici delle cooperative quali braccio secolare degli ex Pci-Ds, lo certifica una sentenza di Tribunale che ha respinto una richiesta di danni da 550 mila euro da parte della società Hera nei confronti degli autori di un pamphlet di denuncia allegato al settimanale Panorama, “Capitalismo in rosso – Indagine sulle Coop”. E anzi, il giudice Angela Bernardini ha disposto un rimborso di 21 mila euro di spese legali contro i ricorrenti.

La vicenda, è chiaro, esorbita da una mera disputa legale. Il giudice ha dato ragione all’ex ministro Renato Brunetta (aveva scritto la prefazione), all’allora direttore di Panorama Calabrese, a Giorgio Stracquadanio del Pdl, a Pamparana e e Ridolfi, co-autori del libello incriminato. Si può dire, è legittimo e suffragato dai fatti che il “capitalismo in rosso è una degenerazione partitica dell’economia cooperativa” e che “il sistema Coop è un mostro economico, un esempio da manuale di collateralismo tra politica e affari, un caso gigantesco di conflitto di interessi che vede nel ruolo chiave il maggior partito della sinistra” (Brunetta).

E’ lecito affermare senza incorrere in querele che quel sistema intrecciato con la politica locale costituiva “una nuova forma di monopolio pubblico dell’economia”. Al di là delle posizioni intellettuali in merito, o della liceità di certi giudizi che necessariamente possono derivare da diverse impostazioni ideologiche, appare significativo e, in qualche modo, senza precedenti, il sostegno indiretto alle tesi di Panorama che si evince dal verdetto. Il giudice ha motivato l’insussistenza di profili diffamatori attingendo dai pareri di Antitrust o dalle visure camerali della società Hera.

Cosa ha scoperto il giudice? Primo: è lo stesso garante per la concorrenza a rilevare e mettere per iscritto “il mantenimento di gestioni di servizi in salvaguardia per periodi anche estremamente lunghi e tali da permettere il perdurare di situazioni di monopolio con conseguente creazione di ingiustificate rendite di posizione”. Secondo: sui rapporti con i democratici, il giudice invita a dare un’occhiata in Camera di Commercio: “la visure camerale avalla l’affermata componente politica di Hera”. Come dire, guardate chi la guida e vi renderete conto che sono tutti funzionari di partito. Faceva meglio, Hera, a non disturbare la legge per limitare il diritto di critica, si è rivelato un boomerang. Prima della sentenza dire peste e corna delle coop rosse rientrava nel novero delle opinioni. Dopo la sentenza, le ambizioni monopolistiche e il collateralismo con il potere politico rientrano nell’ambito delle circostanze fattuali: cioè, è tutto vero. Anzi di più, visto che il giudice Bernardini ha citato l’Adiconsum che giudicava esosa e non trasparente la società di servizi. Una bastonata per le coop in genere, con tanto di martellata sul banco di una donna in toga.