La Costituzione dell’Asso Pigliatutto: chi vince il campionato elettorale nomina gli arbitri. Ceroni non è solo

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 21 Aprile 2011 - 15:09 OLTRE 6 MESI FA

ROMA-La Costituzione dell’Asso Piglia Tutto. Ci avesse pensato un momento Remigio Ceroni, avesse cercato una formula semplice ed efficace per divulgare la sua proposta di riscrittura dell’articolo uno, della prima pietra della Costituzione italiana, invece che “cercare sul vocabolario la parola oclocrazia” come ha confessato di aver faticato al Corriere della Sera, avrebbe scelto questo come titolo: “La Costituzione dell’Asso Piglia Tutto”. Gioco legittimo e pure divertente quell’o dell’Asso Piglia Tutto, chi prende la carta dell’Asso prende tutto il mazzo. Ma è appunto un altro gioco. O almeno finora è stato un altro gioco da quello di scrivere Costituzioni. Spieghiamola ancora meglio l’idea che Ceroni ha messo su carta e depositata in Parlamento come proposta di revisione costituzionale, quella dove si legge: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro e sulla centralità del Parlamento quale titolare supremo della rappresentanza politica della volontà popolare espressa mediante il procedimento elettorale”. Spieghiamola in modo che tutti comprendano, soprattutto il ceto politico. Spieghiamola senza ricorrere al linguaggio di giusristi e costituzionalisti. E’ come proporre che chi vince il campionato di calcio (“il procedimento elettorale”) l’anno dopo stabilisce le regole delle partite, nomina gli arbitri, decide se e quando è fuori gioco e rigore e vigila e dispone sulla campagna acquisti e cessioni di giocatori, infatti è il “titolare supremo”.

L’articolo uno della Costituzione, così come è ora e chissà fino a quando, recita: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Ceroni elimina “forme” e soprattutto “limiti”, sostituiti dalla “centralità” e dal “titolare supremo”. Resta nella nuova versione proposta la parola “lavoro” ma non da oggi si pensa sia obsoleta e sospetta, odora di sinistra e a destra hanno già accarezzato e avanzato l’idea di sostituirla con “libertà”. D’altra parte è stato più volte Berlusconi, Berlusconi e non Ceroni, a definire “sovietica” la Costituzione in vigore.  La sortita di Ceroni è tutt’altro che superficiale o isolata. Non solo corrisponde al pensiero del premier che ancora poche settimane fa definiva “corporazioni” la magistratura, la Corte Costituzionale e lo stesso Parlamento nella sua lentezza e nelle sue procedure. Corrisponde anche ad un sentire comune e diffuso: quello per cui chi vince alle elezioni ha il diritto e il dovere di fare come gli pare, tutto quello che gli pare e solo quello che gli pare senza che siano in tanti a rompergli le scatole. Domandate in giro se sia giusto o no, in molti, moltissimi vi risponderanno in ottima buona fede che questa è la democrazia.

La circostanza ha anche un riflesso curioso e istruttivo: le Costituzioni che pongono limiti al potere degli eletti e del capo degli eletti le ha volute e inventate la destra politica, il pensiero e l’azione dei conservatori e dei moderati. Non a caso si sono chiamate Costituzioni “liberali”. Andò più o meno così e chiediamo scusa per la semplificazione: c’era una volta il potere assoluto per diritto divino e di nascita del sovrano, dei re. Poi venne la Rivoluzione, quella francese del 1789. Con la Rivoluzione venne il potere al popolo, senza “limiti” e “forme”. Popolo che strada facendo si incaricò, per “volontà popolare” di tagliare la testa anche ai “nemici del popolo”. Non solo al re ma anche ai moderati, ai conservatori. Perché il popolo queste cose le faceva e le voleva. Allora il pensiero e le forze “liberali”, cioè la destra e non i giacobini, dopo il 1815 e nei decenni fino al 1848 ed oltre inventarono i “limiti” e le “forme”. E con questi fecero le Costituzioni, quella francese, quella americana, quella britannica e via via tutte le altre. Le Costituzioni nacquero per impedire che il popolo facesso sempre, solo e comunque quel che gli pare, caso mai delegando l’incarico ad un eletto. A voler esser precisi la democrazia è quel sistema che consegna al popolo elettore il diritto di decidere ma gli impedisce di decidere tutto. Le Costituzioni furono pensate dalla destra europea e dai moderati americani come il letto, l’alveo e l’argine di un fiume. Il fiume è la volontà popolare, il letto gli consente di scorrere, l’alveo stabilisce come debba scorrere e fluire, gli argini impediscono esondazione ed alluvione. E chi si oppose per lunghi decenni, fino ancora al dibattito sulla Costituzione italiana, ai “limiti”, al letto, all’alveo, agli argini, alle istituzioni di garanzia, agli altri poteri che limitano e controllano il potere che viene dal popolo? I democristiani, i liberali, quel po’ che restava dei monarchici e dei fascisti? No, a diffidare dei “limiti” al potere del popolo erano i comunisti. Infatti le Costituzioni sovietiche non conoscevano “istituzioni di garanzia” e bilancia dei poteri. E non per caso: tutto il potere al popolo e solo al popolo è sempre stata la prima pietra su cui poggia l’edificio del potere unico e supremo del partito, del leader, della guida, dei “piccoli padri”. Curioso e istruttivo che la destra italiana contemporanea voglia demolire gli argini edificati dalla destra in due secoli. Ma forse è solo un equivoco, forse questa storia semplificata ma vera Ceroni la ignora e pure Berlusconi. Un Bignami di storia a suo tempo, sui banchi di scuola, avrebbe aiutato. A condizione di leggerlo.