Cucchi, commissione parlamentare: “Rianimato da morto”

Pubblicato il 12 Marzo 2010 - 13:12 OLTRE 6 MESI FA

Stefano Cucchi era già morto da tre ore, ma il medico di turno provò ugualmente a rianimarlo. Era la notte tra il 21 e il 22 ottobre e il giovane si trovava nel reparto carcerario dell’ospedale Sandro Pertini di Roma.

È questa la conclusione della commissione parlamentare d’inchiesta, presieduta a Ignazio Marino, Vincenzo Pascali e Rodolfo Proietti, sul decesso del trentunenne, arrestato per spaccio 6 giorni prima.

Per loro Cucchi è morto alle 3 del 22 ottobre 2009. «Pertanto – concludono – anche il medico che praticò le manovre di rianimazione tra le 6.15 e le 6.45 notando una rigidità dei muscoli del collo e dell’articolazione temporo-mandibolare, sapeva che il paziente era morto da tempo».

Secondo i consulanti i medici del Pertini avevano redatto una relazione sulle condizioni di salute del ragazzo, ma il documento non arrivo mai all’autorità giudiziaria. «Non è mai stato disposto un monitoraggio continuo delle condizioni del paziente».

I traumi agli occhi, alla colonna vertebrale e al coccige sul corpo di Cucchi, secondo la commissione, sono stati provocati poco prima della morte. L ‘inchiesta giudiziaria, invece, parla di traumi precedenti all’arresto di Cucchi e, addirittura, uno dei quali, congenito.

Al momento per la morte di Stefano Cucchi sono indagati con l’accusa di omicidio preterintenzionale tre agenti penitenziari per le presunte percosse e sei medici del Pertini per omicidio colposo.

Restano quattro per la commissione parlamentare i punti ancora oscuri: «Chi ha inferto le lesioni al signor Cucchi; le ragioni di una procedura così anomala per il trasferimento presso la struttura protetta dell’ospedale Sandro Pertini; chi ha la responsabilità di non aver dato corso alle richieste di colloquio formulate dal detenuto, lasciando così quest’ultimo in una condizione psicologica che ha certamente influito sul suo rifiuto di cure; chi ha la responsabilità della mancata identificazione prima dell’exitus di una condizione clinica così grave da mettere a rischio la vita».