D’Alema e Pd non vogliono far cadere il governo, Berlusconi nemmeno

di Redazione Blitz
Pubblicato il 5 Luglio 2013 - 14:28 OLTRE 6 MESI FA
D'Alema e Pd non vogliono far cadere il governo, Berlusconi nemmeno

D’Alema e Pd non vogliono far cadere il governo, Berlusconi nemmeno (Archivio LaPresse)

ROMA – Massimo D’Alema, le cui intenzioni ancora troppo coincidono con quelle del Pd, non vuole far cadere il governo Letta. Silvio Berlusconi, ovvero il Pdl, non ha nessuna intenzione e interesse a far cadere il governo. Dai retroscena dei palazzi, delle terrazze e dei ristoranti romani arriva la sensazione che la Grande coalizione sopravviverà all’estate, perlomeno.

Tommaso Labate sul Corriere della Sera racconta di una cena fra dalemiani a Testaccio, in cui D’Alema avrebbe regolato così un’altra grande questione, oltre allo stato di salute del governo, cioè il futuro di Matteo Renzi e del Pd: “L’idea del correntone anti-Renzi è una follia. Io con Renzi ho parlato tante volte. Ma è una persona che ha l’abitudine di cambiare spesso idea e anche di fare la vittima”. Sempre per mandarle a dire a Renzi, D’Alema ha avvertito “che sia chiaro a tutti che non permetteremo a nessuno di far cadere il governo”.

“Mercoledì sera, Roma, quartiere Testaccio, ristorante Antico Forno – tra l’altro a pochi metri dalla casa di Enrico Letta – prenotato per una trentina di persone. Amici e compagni, vecchi e nuovi. E lui, Massimo D’Alema, il politico che rispetto ai «tavoli» rimane ancora fedele alla sua vecchia regola, «capotavola è dove mi siedo io».

È in quella sede che il presidente di ItalianiEuropei lascia intendere ai suoi che la base del suo dialogo con Renzi – che avrebbe dovuto aspettare un giro e candidarsi alle primarie per la leadership del centrosinistra – di fatto non c’è più. […]

Al tavolo del ristorante di Testaccio c’è anche un dalemiano con un piede fuori dall’emisfero del Lìder Maximo. Come Nicola Latorre, le cui simpatie renziane sono in continua ascesa, convinto che «o Matteo si candida adesso alla segreteria o non avrà una seconda possibilità». La serata è all’insegna del dialogo e della riflessione, e quindi D’Alema ascolta e dialoga con tutti. Ma le sue colonne d’Ercole sono fissate. «Il governo non si tocca in nessun caso».

L’eco della cena dei dalemiani arriva ieri pomeriggio al Nazareno, a quella che doveva essere un’iniziativa dei fedelissimi di Bersani destinata a aprire i primi varchi per la candidatura alla segreteria di Stefano Fassina. E invece, come dopo un colpo di scena che finisce per spiazzare tutti, la riunione dell’area «Fare il Pd» si trasforma nel punto d’incontro di tutti i «governisti». Di tutti quelli che, per proteggere l’esecutivo dalla tensioni congressuali, hanno come unico obiettivo quello di evitare le condizioni perché il sindaco di Firenze scenda in campo.

I ministri in quota del Pd si presentano tutti. Ci sono Dario Franceschini e Flavio Zanonato, Andrea Orlando e Maria Chiara Carrozza. Manca solo il premier. Ma il messaggio da portare alla «ditta» è chiarissimo. «La verifica all’interno della maggioranza è andata benissimo», confida Franceschini ai suoi, che per una parte hanno disertato l’evento. «Persino Brunetta», è l’entusiasta rivendicazione del ministro dei Rapporti col Parlamento, «durante la riunione ha detto che il governo deve durare cinque anni. Adesso vogliamo far casino noi?»”

Se il Pd è compatto al fianco del governo, Silvio Berlusconi, quando non pensa ai processi, pensa a tenere a bada quella parte del Pdl che preme per andare ad elezioni e abbandonare il traghetto del governo con Pd e Scelta civica, come racconta Lorenzo Fuccaro sul Corriere:

“L’ex premier, sfidando una parte del suo stesso partito che lo spingerebbe alla rottura, è uno dei più strenui sostenitori dell’esecutivo di larghe intese, da lui tenacemente voluto […]

È muovendo da queste considerazioni che all’interno del Pdl — diventerà Forza Italia, ma non si sa ancora quando e come — si strologa sul futuro. C’è chi lavora per convincere il Cavaliere a fare saltare tutto, nella speranza che una eventuale crisi possa dare come sbocco le elezioni anticipate, le quali ridarebbero legittimità politica al Cavaliere sfregiato da una sentenza di condanna […]

La finestra dell’autunno sembra essersi chiusa e l’unica possibilità potrebbe essere quella di farle svolgere a ridosso delle Europee della prossima primavera, benché anche questo appaia più un wishful thinking che una prospettiva realistica. Non solo. Nella seconda metà dell’anno prossimo comincerà il semestre di presidenza italiana dell’Ue e tutto lascia immaginare che una crisi di governo in quel periodo sia da escludere. Quindi diventa quanto mai realistico che un ipotetico voto anticipato possa avere luogo solo nella primavera del 2015, assieme ai rinnovi dei consigli regionali”.