Di Girolamo a Schifani: “Dopo il fango, voglio la verità”

Pubblicato il 1 Marzo 2010 - 15:56 OLTRE 6 MESI FA

«Dopo tanto fango, dopo l’ignominia di un’esposizione mediatica che mi ha descritto agli occhi dei Paese come un “mostro” – usurpatore della politica e del mandato elettorale – credo fermamente che sia arrivato il momento della responsabilità e della verità dei fatti».

È l’incipit della lettera – una quarantina di righe in tutto – con cui il senatore Nicola Di Girolamo comunica al presidente del Senato Renato Schifani le sue dimissioni dalla carica di senatore. Di Girolamo ha poi informato della sua decisione, con due distinte lettere, il presidente del gruppo Pdl al Senato Maurizio Gasparri e il suo vice Gaetano Quagliariello. Con una quarta lettera, infine, il senatore Di Girolamo comunica al presidente Lamberto Dini le sue dimissioni dalla Commissione Esteri.

Di Girolamo si dice convinto «di dover rendere disponibile la mia persona, la mia storia personale, la mia esperienza recente, perché chi dovrà giudicarmi possa davvero conoscere i contorni di una vicenda che non è tutta “criminale” e che potrà finalmente essere vagliata lontano dai riflettori e dal clamore delle prime suggestioni». Di Girolamo ricorda di essere stato eletto “forte di una delega affidatami da 24.500 elettori di tutti i Paesi europei: 24.500 cittadini italiani, né mafiosi né delinquenti”.

«Di una piccola parte di costoro – prosegue la lettera – avrebbe abusato un gruppo di individui probabilmente “inquinati” da frequentazioni criminali. Non mi interpreti come troppo “ingenuo”, signor Presidente. Non ero “consegnato” anima e corpo a questi figuri. La frenesia della campagna elettorale mi ha spinto a valutare poco e male. E Lei, mi auguro, immaginerà che non si diventi mafioso nello spazio di un mattino, colpevole come sono di uno o due incontri disattenti. Sono entrato in Senato da professionista del diritto, incensurato».

A questo punto Di Girolamo apre all’autobiografia. «La mia – prosegue la lettera – non è stata una storia semplice. Orfano, già in fasce, di un prestigioso economista e docente universitario, figlio unico, educato al rigore e alle buone maniere da una madre nobile ho da sempre dovuto provvedere al sostentamento della famiglia. Sono rimasto, negli anni, quello che ero. Una persona perbene, incapace tuttavia di difendersi innanzi alla protervia dei malevoli e dei menzogneri. In politica ne ho incontrati alcuni. Figli di un’altra storia, ben diversa dalla mia, capaci di fagocitarmi – annota il senatore – nella smania delle promesse».