Domenico Scilipoti querela Bruno Vespa per frase di “Italiani voltagabbana”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 18 Dicembre 2014 - 20:33 OLTRE 6 MESI FA
Domenico Scilipoti querela Bruno Vespa per frase di "Italiani voltagabbana"

Domenico Scilipoti querela Bruno Vespa per frase di “Italiani voltagabbana”

ROMA – Domenico Scilipoti querela Bruno Vespa  per una frase contenuta nell’ultimo libro del giornalista ‘Italiani Voltagabbana’.

A non andare giù all’ex “Responsabile” un passo a pagina 149 del libro. Parlando delle vicende relative all’ultimo governo Berlusconi, Vespa scrive:

“Razzi, tessitore abruzzese emigrato in Svizzera, prima denunciò le offerte economiche ricevute dal Cavaliere perché gli votasse la fiducia, poi fu beccato dalla trasmissione ‘Gli Intoccabili’ mentre confidava a un amico di avergli chiesto, insieme a Scilipoti, un finanziamento di un milione di euro per fondare un nuovo partito e fare la successiva campagna elettorale”.

La frase in questione secondo Scilipoti, è diffamatoria. E in un comunicato spiega il perché:

“Ebbene – sostiene Scilipoti -, le affermazioni contenute nel passo appena riportato non corrispondono assolutamente a verità”.

“Io non vengo mai menzionato dal senatore Razzi”, prosegue, specificando che il collega parla di lui “solo in relazione al voto della fiducia al Governo Berlusconi, e solo per questo riferimento, arbitrariamente ed illegalmente si riconduce il ‘lui’, di cui sopra, alla mia persona. E’ verosimile invece che Razzi si riferiva a qualcun altro”.

“In ogni caso – dice ancora Scilipoti -, e comunque dal video, emerge che Razzi afferma solo ipoteticamente una ipotesi che lui e quest’altro onorevole, nel caso in cui sarebbero andati dal Presidente Berlusconi, ben verosimilmente avrebbero potuto ottenere financo un milione di euro; ma dalla conversazione risulta evidente che non ci sono andati. Invece Vespa scrive, viceversa, che Razzi, proprio con me, sarebbe realmente andato dal Presidente Berlusconi ed avrebbe realmente chiesto un milione. E’ certo pertanto che il giornalista (…) non ha vagliato la verità della notizia riportata, superando così i rigorosi limiti posti dal nostro ordinamento al corretto esercizio del diritto di cronaca”..