Dossier e minacce alla Marcegaglia: perquisita la sede del “Giornale”, indagati Sallusti e Porro

Pubblicato il 7 Ottobre 2010 - 10:40 OLTRE 6 MESI FA

Emma Marcegaglia

Un presunto dossier contro la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, forse ricatti e minacce dopo le sue affermazioni contro il governo. E ora una perquisizione nella sede de “Il Giornale”, quotidiano della famiglia Berlusconi e un un’indagine a carico del direttore Alessandro Sallusti e del vice Nicola Porro indagati per concorso in violenza privata (art. 610 del codice penale).

La procura di Napoli ha iniziato questa mattina a perquisire la sede de ‘Il Giornale’ e alcune abitazioni di giornalisti del quotidiano milanese. A quanto si è appreso i provvedimenti sono stati disposti dalla procura di Napoli nell’ambito di una inchiesta su presunte minacce, attraverso la raccolta di un dossier, nei confronti del presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia, dopo che l’imprenditrice aveva formulato critiche nei confronti del governo in alcune sue dichiarazioni.

I decreti di perquisizione, eseguiti dai carabinieri, sono stati emessi dai pm Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock e vistati dal procuratore Giovandomenico Lepore. L’ipotesi di reato formulata dai magistrati è di concorso in violenza privata. L’indagine sarebbe scaturita da alcune intercettazioni disposte nell’ambito di una diversa inchiesta condotta dai magistrati partenopei. Dalle conversazioni e da un sms sarebbe emersa la presunta intenzione di una campagna di stampa nei confronti della Marcegaglia.

I pm: sì al diritto di critica, no a quello di coartare. Il diritto di critica da parte della stampa e’ fuori discussione ma il giornalista non puo’ utilizzare i propri scritti ”per coartare la volontà altrui” perché in questo caso si configura un reato, quello di violenza privata. E’, in sintesi, quanto affermano i pm di Napoli Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock, nelle motivazioni alla base della decisione di perquisire la sede de ”Il Giornale”.

”Il giornalista – osservano i magistrati – non solo ha ovviamente il diritto di scrivere quanto ritiene necessario per far conoscere alla pubblica opinione, ma ha anche il diritto di criticare e di farlo in modo anche duro, pungente e veemente”. ”Puo’ acquisire – scrivono i pm – notizie e informazioni anche riservate e persino segrete (che anzi secondo il codice deontologico dei giornalisti e’ addirittura tenuto a pubblicare), potendo preservare anche le proprie fonti; ancora il giornalista, fatti salvi ovviamente gli aspetti deontologici, puo’ essere naturalmente fazioso”.

”Tuttavia – sottolineano Piscitelli e Woodcock – il giornalista (e nessun altro) non ha diritto di utilizzare i propri scritti e le proprie pubblicazioni, o meglio la prospettazione di propri scritti e proprie pubblicazioni, allo scopo di coartare la volonta’ altrui”.

A tale proposito i magistrati affermano che quando ciò accade ”si configura il delitto di cui all’art. 610 cp ravvisandosi quello che la Suprema Corte di Cassazione ha definito come lo ‘sviamento dello scopo’ che connota in termini di ingiustizia il male prospettato: nel senso che per configurarsi il reato di violenza privata (ovvero il reato di estorsione, o quello di minaccia semplice, tutte nella fattispecie accomunato nell’elemento costitutivo della minaccia) non e’ necessario che il male sia di per se’ ingiusto, bastando che risulti tale in relazione allo scopo cui la minaccia servi come mezzo”.

Dunque ”e’ l’ingiustizia dello scopo che rende ingiusto il mezzo utilizzato e cio’ anche quando il mezzo non e’ in se’ e per se’ ingiusto”.

L’sms: spostati segugi da Montecarlo. La presunta minaccia della preparazione di un dossier contro Emma Marcecaglia sarebbe avvenuta in seguito all’intervista rilasciata il 15 settembre scorso al Corriere della Sera dalla presidente degli industriali nella quale si esprimevano critiche al governo, con accenni ai conflitti personali (che ”non aiutano la crescita”) e alla campagna di stampa nei confronti di Fini. Un elemento di rilievo secondo i magistrati è rappresentato dal sms inviato il 16 settembre da Porro a Rinaldo Arpisella, responsabile dei rapporti con la stampa della Marcecaglia: ”Ciao Rinaldo domani super pezzo giudiziario sugli affari della family Marcecaglia”.

Nella successiva telefonata, pochi minuti dopo, intercorsa tra i due, il giornalista afferma ”…adesso ci divertiamo per venti giorni romperemo il cazzo alla Marcecaglia come pochi al mondo!” aggiungendo che non si trattava di uno scherzo e di aver ”spostato i segugi da Montecarlo a Mantova” con riferimento – spiegano i pm – alla città centro di riferimento degli interessi economici e familiari del presidente di Confindustria.

Gli inquirenti registrano poi una telefonata tra Arpisella e un responsabile delle relazioni esterne di Mediaset con la richiesta di un intervento di Confalonieri. In un colloquio successivo, il responsabile Mediaset parla dell’avvenuto intervento del presidente di Mediaset presso Il Giornale e del fatto che la Marcecaglia lo aveva poi ringraziato.

Nel decreto viene poi riportato un passaggio di un’altra telefonata, del 22 settembre, tra Porro e Arpisella in cui il giornalista afferma: ”…dobbiamo trovare un accordo perche’ se no non si finisce piu’ qui…la signora se vuole gestire i rapporti con noi deve saper gestire…quello che cercavo di dirti e’ che dobbiamo cercare di capire come disinnescare in maniera reciprocamente vantaggiosa, vantaggiosa nel senso diciamo delle notizie delle informazioni della collaborazione no…”.